domenica 26 ottobre 2014

Il Poeta Gino Scalise visto dal critico letterario Rino Pompei

In questa vecchia foto, probabilmente dei primi anni Cinquanta, conservata da Luigi Aprigliano, si vede il Presidente Gino Scalise mentre accompagna la sposa al matrimonio di Raffaele Galasso.

Prefazione del critico letterario Rino Pompei al libro di Gino Scalise “Poesia e vita”, Liriche vecchie e nuove, Edizioni Agnesotti, Viterbo, 1979.

Scendere nel cuore del Poeta, ascoltarne i più segreti palpiti, conoscere le più delicate vibrazioni di un mondo sensibile, estraneo e sconosciuto al mio, è stato il primo spontaneo impulso e quindi il primo compito che mi sono posto non appena ho avuto tra le mani la raccolta di liriche “Poesia e vita” di Gino Scalise. Perché questo? Si dice che Georg Leigh-Mallory, a chi gli chiedeva perché scalasse le montagne, rispondesse che lo faceva perché c’erano. Se la risposta di Leigh-Mallory ha un profondo significato nell’animo dell’esploratore è pure di fondamentale importanza nello spirito di una critica che non vuole essere una fredda e schematica esposizione di concetti e di forme ma la risultanza di un appagamento interno in cui convergono la bellezza e l’incanto di un animo a propria disposizione, le meravigliose aulenti foreste di sensazioni nuove e di sentimenti colti negli attimi più fecondi di una vita, in un tempio sempre soffuso di sapienza cumulativa, presente e passata.
Il titolo dell’opera Poesia e vita richiama di per sé le origini del pensiero greco in cui la vita è considerata una determinazione universale della realtà sensibile ed il pensiero di Martin Heidegger, per l’esistenzialismo tedesco, in cui si afferma che la poesia è linguaggio assoluto e l’essenza stessa del linguaggio, essa è, “il nominale che fonda l’essere e l’essenza di tutte le cose, non un dire arbitrario, ma quello per cui solamente si manifesta tutto ciò che poi nel linguaggio di ogni giorno discutiamo o trattiamo”. Se Gino Scalise ha saputo riportarmi con il suo titolo della sua raccolta a questi due pensieri, era naturale che per l’ansia dell’indagine urgesse prepotente la ricerca e diciamo subito che l’esito di essa ha trovato nella poesia dello Scalise questi due concetti in felice connubio: realtà sensibile nel travaglio di ogni giorno e nell’esperienza di un costante divenire, nominale che fonda l’essere di tutte le cose nell’espressione più elevata di un linguaggio valutativo che racchiude in se stesso la vita nella sostanza più pura.
La poesia dello Scalise affonda quindi il suo scandaglio nel cuore della realtà quotidiana e la penetra, la fa propria e la vive come se fosse la sua realtà, in un tutto inscindibile dove tormento ed estasi, emozioni ed aneliti ad alti ideali si esprimono in un valore ontologico in cui il noumeno non si ferma al fenomeno dell’essere ma allarga la sua indagine, oltre che verso il campo dell’esperienza conoscitiva, al campo pratico di una realtà che può essere anche contingente. Poesia sociale quindi, ma una poesia che non si limita come nella psicologia contemporanea al comportamento o alla dinamica affettiva del gruppo, ma penetra anche nel sentimento e questo si manifesta nell’osservazione eziologica dei comportamenti di solidarietà, di competizione, di frustrazione, di condizionamenti e di isolamenti.
Cito a proposito alcuni versi di due liriche dello Scalise che meglio valgono ad evidenziare il valore umano e sociale della sua poesia. Pubblicate già nel 1° volume “Annali Storici dell’Accademia Culturale d’Europa – Lettere ed Arte”, riportiamo di queste due poesie anche i brevi commenti che sono nell’opera citata perché essi rispecchiano tra l’altro un giudizio che vale per tutta la poetica dell’Autore di “Vita e Poesia”.

A TE CONTADINO

Tutto sentir da te: gioia e tristezza.
Vorrei poterti scendere nel cuore
nel colmo della lotta
per aiutarti e sul nascosto amore
gettare, forse per la prima volta,
un raggio luminoso di speranza.

Lirica dolcissima per sentimenti d’amore e di fratellanza verso l’umile contadino che specialmente in questi ultimi anni possiamo considerare il più frustrato della nostra società. Il poeta non solo penetra la poesia del suo lavoro ma scende nella sua anima e si perde con lui in una dedizione completa che commuove e rigenera, e infonde, anche in ognuno di noi, “un raggio luminoso di speranza”.
Ed ecco la poesia “ESODO”:

Folle di braccianti verso il nord
come uliveti fuggenti
incrocianti i treni del sud

Illusioni e speranze, immobilità e delusioni sono i motivi che caratterizzano l’Esodo dello Scalise nel trinomio braccianti-uliveti-treni. Nell’espressione ermetica della poesia v’è un ampio respiro di immagini e sensazioni che conducono ad un vivo realismo; e questo si riflette nella speranza dei braccianti che corrono illusi verso il nord come uliveti fuggenti, illusoria apparenza perché sono i treni che fuggono e non gli ulivi, e nell’immobilismo di questi, simile al perdurare dello stato precario dei braccianti medesimi nelle loro delusioni per i desideri non appagati e le speranze mai realizzate.
Di stile semplice e piano, armonicamente dosato, “POESIA E VITA” è una raccolta densa di immagini e di motivi profondi, di delicate pennellate producenti suggestive sensazioni che ci conducono con il Poeta nell’essenza pura della nostra vita sensibile e reale in un’appassionata ricerca di nuovi motivi per un mondo migliore.

Il funerale di Gino Scalise in una foto By Ros