lunedì 31 ottobre 2011
domenica 30 ottobre 2011
Guardie municipali di Scandale
I due in divisa sono Carabinieri - I due in borghese sono le Guardie municipali Amedeo Cizza (al centro) e Saverio Scarà (a destra) - Foto Archivio Aprigliano - |
venerdì 28 ottobre 2011
Comuni della Provincia di Reggio Calabria
Sopra, panorama di Reggio Calabria e del lungomare Italo Falcomatà. Sotto, il Castello in una foto di Peppe Caridi.
Comuni della
Provincia di Reggio Calabria
Africo - Agnana Calabra - Anoia - Antonimina - Ardore - Bagaladi - Bagnara Calabra - Benestare - Bianco - Bivongi - Bova - Bova Marina - Bovalino - Brancaleone - Bruzzano Zeffirio - Calanna - Camini - Campo Calabro - Candidoni - Canolo - Caraffa del Bianco - Cardeto - Careri - Casignana - Caulonia - Ciminà - Cinquefrondi - Cittanova - Condofuri - Cosoleto - Delianuova - Feroleto della Chiesa - Ferruzzano - Fiumara - Galatro - Gerace - Giffone - Gioia Tauro - Gioiosa Jonica - Grotteria - Laganadi - Laureana di Borrello - Locri - Mammola - Marina di Gioiosa Jonica - Maropati - Martone - Melicuccà - Melicucco - Melito di Porto Salvo - Molochio - Monasterace - Montebello Jonico - Motta San Giovanni - Oppido Mamertina - Palizzi - Palmi - Pazzano - Placanica - Platì - Polistena - Portigliola - Reggio Calabria - Riace - Rizziconi - Roccaforte del Greco - Roccella Jonica - Roghudi - Rosarno - Samo - San Ferdinando - San Giorgio Morgeto - San Giovanni di Gerace - San Lorenzo - San Luca - San Pietro di Caridà - San Procopio - San Roberto - Sant'Agata del Bianco - Sant'Alessio in Aspromonte - Sant'Eufemia d'Aspromonte - Sant'Ilario dello Jonio - Santa Cristina d'Aspromonte - Santo Stefano in Aspromonte - Scido - Scilla - Seminara - Serrata - Siderno - Sinopoli - Staiti - Stignano - Stilo - Taurianova - Terranova Sappo Minulio - Varapodio - Villa San Giovanni.
giovedì 27 ottobre 2011
mercoledì 26 ottobre 2011
Calabresi famosi: Gennaro Gattuso Ivan
martedì 25 ottobre 2011
lunedì 24 ottobre 2011
domenica 23 ottobre 2011
1955 - I ragazzi di Scandale visti dal prof. Rossi-Doria.
Ragazzi di Scandale a Largo Genuzzo (foto Archivio Aprigliano).
Le bande dei ragazzi.
Quando appena mangiato, prima di metterci a tavolino a stender le note della giornata, siamo andati al bar a prendere il caffè, tra i contadini che ci si sono fatti attorno si sono infiltrati i ragazzi. Erano animati, eccitati, come se venissero da una corsa, e partecipavano vivacissimi alla curiosità generale nei nostri riguardi.
Li abbiamo interrogati e la risposta, che ci ha dato il più vivace di loro, Ezio, che era l’evidente capo del gruppo, è stata pronta. Erano i ragazzi della banda Lucifero, sono in tutto una ventina ed Ezio è il loro capo. Sono tutti tra i sei e i dodici anni. In paese di bande del genere ce ne sono una decina, “ora alleate, ora nemiche” e sono formate per affinità, non su base di quartiere. Naturalmente conoscono e scorrono l’intero paese e sono capaci di nascondersi in ogni buco.
Ezio, il capo, è ancora qui per pochi giorni, perché sta per partire per un collegio di preti in un paese di Puglia, a frequentare la prima media. Dice che vuol fare il prete e ride di uno scherzoso e furbo riso infantile.
Roma, ARCHIVIO ROSSI-DORIA, Notazioni ed appunti tratti dalle interviste agli abitanti di Scandale (1955), Volume II, fascicolo 9.
venerdì 21 ottobre 2011
Massime e aforismi - Auguste Creuzé de Lesser
giovedì 20 ottobre 2011
Mena Scalise – “Irrecuperabile amore”
Filomena Scalise, scandalese da molti anni emigrata in Germania, in una foto pubblicata dal blog Pingitore.
Irrecuperabile amore
Tu, non sai quello che hai perso in questi anni:
hai perso i miei sorrisi
le mie grida di gioia
i miei pianti di dolore.
Hai perso le orme dei miei passi
il sapore dei miei abbracci.
Hai perso il cielo dei miei occhi
il profumo dei miei dodici anni.
Hai perso il suono della mia voce
il rumore dei miei silenzi.
Hai perso me, e soprattutto il mio amore per te.
Forse un giorno cercherai quello che hai perso
ma non potrai più averlo perché io non vorrò più.
mercoledì 19 ottobre 2011
martedì 18 ottobre 2011
L’Eremo di Santa Croce a Corazzo
L’Eremo di Santa Croce a Corazzo, frazione del Comune di Scandale, in due foto
del sito http://www.eremosantacroce.over-blog.it/
lunedì 17 ottobre 2011
domenica 16 ottobre 2011
Nel 1961 “Il SECOLO” pubblica un articolo su Scandale
A destra, Piazza Guglielmo Oberdan a Scandale, in una foto d’epoca conservata nell’Archivio Aprigliano
POVERA, TROPPO DIMENTICATA ED INFINITAMENTE BELLA. BISOGNA AMARLA PROFONDAMENTE E DEDICARSI AD ESSA CON SPIRITO PIONIERISTICO PER OTTENERE QUALCHE RISULTATO.
Il “miracolo italiano” non si estende alla Calabria
Eccoci per esempio a Scandale:
Case vecchie, annerite, con povere stanze dove si vive in una triste promiscuità: strade sassose malamente illuminate di notte, torme di bambini per le strade, male vestiti e peggio nutriti. Servizi igienici inesistenti, e impossibilità o quasi di lavoro dato che anche l’agricoltura è abbandonata e curata all’antica quel tanto che basta per alimentare le famiglie cariche di bimbi e di miseria. Gli uomini, quando possono emigrano verso il Nord o meglio all’estero: le donne accudiscono alla campagna e ai molti bisogni della casa. E i bambini? Disertano spesso la scuola perché mancano anche i soldi per i libri o per un grembiulino.
Vivono all’aperto, sbandati, mocciosi e salutano festosi le poche macchine che passano o i radi turisti in cerca di questo triste folclore.
Nessuno provvede: le autorità locali non ne hanno le possibilità, quelle centrali hanno altro da fare anche se esaltano “il miracolo italiano”. Se qualche cosa si fa è dovuta all’iniziativa privata, alla generosità e al cuore di qualche singolo.
Abbiamo voluto far visita ad un giovane sacerdote il quale da solo ha cercato di arginare la propaganda rossa, che ha buon gioco in un ambiente così misero, andando incontro su un piano umano e sociale, a qualcuna delle maggiori necessità. Non è molto, ma l’esempio dovrebbe essere seguito.
Don Renato M. Cosentini ha raccolto nel poco spazio della Parrocchia, una quarantina di bambini fra i più bisognosi e abbandonati. Non una propaganda religiosa, ma un’assistenza umana e sociale. Questi bambini imparano le più indispensabili cognizioni scolastiche, ricevono alimenti e indumenti; qualche volta anche soldi. Apprendono le prime nozioni del vivere civile, sono tenuti al corrente di quanto è necessario sapere. E soprattutto sono tenuti lontano dalla strada.
Un’opera altamente meritoria specialmente; opera di un uomo, un giovane sacerdote, e non di una organizzazione catechistica o politica. Ma Don Cosentini mira più innanzi. Vuol creare una fonte di lavoro per gli abitanti di Scandale, ed ha per questo i suoi progetti in via di risoluzione. Uno dei tanti paesi della nobile Calabria, questo, ma è come tutti gli altri. Gente buona ecc. [...]
Parte di un articolo del giornale “IL SECOLO” d’Italia, organo del Movimento Sociale Italiano, pubblicato venerdì
venerdì 14 ottobre 2011
Il toro di Falaride
FALARIDE
Falaride, tiranno di Agrigento, visse nel VI secolo a.C. – Secondo la tradizione, diventò celebre per la sua ingegnosa crudeltà. Fece costruire da Perillo un toro di bronzo e all’interno vi rinchiudeva i suoi nemici. Sotto veniva acceso il fuoco in modo da far morire nel metallo arroventato chi era all’interno. Lui si divertiva a sentire i lamenti che sembravano ruggiti del toro.
giovedì 13 ottobre 2011
mercoledì 12 ottobre 2011
Roma in alcune foto By Ros
Alcune foto di Roma, scattate durante la manifestazione sindacale dell’8 ottobre. Sopra,
martedì 11 ottobre 2011
lunedì 10 ottobre 2011
domenica 9 ottobre 2011
S.E. Mons. Luigi Antonio Cantafora
Sopra, Mons. Antonio Cantafora in una foto pubblicata dal sito lameziattiva.it – Sotto, lo stemma papale che verrà regalato al Papa, realizzato dall’orafo crotonese Michele Affidato.
Mons. Antonio Cantafora nacque il 10 aprile dell'anno 1943 nel Palazzo Gigliotti, in via Principe Umberto, a Scandale, un piccolo paese della provincia di Crotone. I suoi genitori, originari di Crotone, si trovavano di passaggio nel piccolo centro collinare, ma il suo legame con Scandale è rimasto sempre acceso, tanto da ritornare, dopo la sua consacrazione a vescovo, a ringraziare tutti gli abitanti per la calorosa vicinanza in quel momento di festa. Indirizzato sin da piccolo agli studi, si iscrisse al Seminario Minore di Crotone, per poi concludere gli studi filosofici - teologici presso il Pontificio Seminario Regionale "San Pio X" di Catanzaro. Venne ordinato sacerdote il 19 luglio 1969 da S.E. Mons. Pietro Raimondi, allora vescovo della diocesi di Crotone (poi Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina). Nei primi anni dalla sua ordinazione ricoprì vari incarichi, quali cancelliere della Curia (1970-1973), parroco in SS. Veneranda e Anastasia nel centro di Crotone e rettore della Chiesa S. Giuseppe in Crotone (1970-1975), segretario della commissione catechetica diocesana (1972), vicario episcopale per la pastorale (1974), parroco di San Domenico in Crotone (1975) in cui istituì una comunità neocatecumenale, direttore dell'Ufficio Liturgico Diocesano (1978-2000), incaricato Diocesano F.I.E.S. e responsabile dei ministeri dei Chierici (1987-1989), canonico onorario della Cattedrale di Crotone (1989), membro della Commissione Mariana Diocesana (1990), vice-direttore spirituale diocesano Gruppi di Preghiera ‘’P. Pio” (1992), membro del collegio dei consultori (1994-1999), vice-direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano (dal 2000), amministratore della parrocchia B.V. Maria Carmelo in Crotone (dal 2001). Inoltre ha insegnato Liturgia presso
Memorabile nella sua missione sacerdotale è la fondazione, nel comune di Scandale, e più precisamente nella frazione Corazzo, di un eremo dedicato alla Santa Croce. L'eremo, situato in località Turrutio venne progettato e realizzato per essere luogo di incontro, di preghiera e contemplazione. Oggi vi si svolgono riunioni religiose e incontri di meditazioni tra le varie comunità parrocchiali dei paesi circostanti. L'eremo è custodito dalle suore domenicane. Il plesso religioso è situato nel bel mezzo della natura e offre, a chi cerca silenzio nella contemplazione, il posto più adeguato per la preghiera e la meditazione. Particolare dell'eremo è la grande croce bianca che abbraccia
Fonte Wikipedia
venerdì 7 ottobre 2011
Vincenzo Padula
Vincenzo Padula nacque ad Acri, in provincia di Cosenza, il 25 marzo 1819. Fu ordinato sacerdote nel 1843 e subito dopo divenne insegnante nel seminario di San Marco Argentano. Nella sua produzione poetica, si intrecciano tensioni sentimentali, spiriti religiosi e moralistici. Dopo le novelle romantiche in versi Il monastero della Sambucina (1842), nel 1845 pubblicò il poema Valentino. Scrisse curiose fiabe, ricche di motivi simbolici, fantastici e autobiografici (esemplare la fiaba L’orco). Nel 1848 prese parte ai moti calabresi, e dovette superare momenti molto difficili. Perseguitato dal Governo borbonico, gli fu tolto il permesso di insegnare e visse di stenti. Intellettuale, con la sua vasta cultura, svolse attività letteraria e giornalistica. Nel 1854 si stabilì a Napoli, dove si legò ai pochi intellettuali antiborbonici. Un’acuta analisi del fenomeno del brigantaggio, anima il dramma in prosa Antonello capobrigante calabrese, scritto nel 1850, ma pubblicato nel bisettimanale “Il Bruzio” che Padula fece uscire dal 1° marzo 1864 al 28 luglio 1865. Su questo giornale raccoglieva documenti e materiali informativi sullo “stato delle persone in Calabria”, cioè su usi, costumi e tradizioni locali. Chiamato nel novembre 1878 a Parma per insegnarvi Letteratura latina, vi rimase solo due anni. Tornò a Napoli nel 1881, ma le precarie condizioni di salute lo portarono a rifugiarsi nel paese nativo, dove morì l'8 gennaio 1893.
giovedì 6 ottobre 2011
mercoledì 5 ottobre 2011
Il romanzo “Né santi né eroi” approda in Teatro
Né santi né eroi, si alza il sipario
Quando il sipario si alza sulle vicende umane, due elementi appaiono netti sulla scena: le azioni eroiche e quelle comuni. Il bianco e il nero dell’esistenza, due coscienze che si sfidano alla ricerca di quale, fra le due, sia la condizione migliore.
La risposta la offre “Le strade del ritorno”, lo spettacolo teatrale realizzato dalla compagnia “Né Santi né Eroi” e andato in scena per la prima volta mercoledì 28 settembre al teatro Itc di San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna.
Una sala piena ha accolto attori e autori sul palco con un inatteso calore: lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito con 220 biglietti venduti e una grande partecipazione del pubblico, a fine serata divertito ed emozionato. Presenti in prima fila anche Salvatore De Siena e Amerigo Sirianni del Parto delle Nuvole Pesanti e gli attori e registi teatrali Matteo Belli e Gabriele Marchesini.
“In principio fu un romanzo di racconti”, scrivevano in tempi non sospetti Simone Arminio e Dario Coriale, autori del libro “Né santi né eroi” (2008, edizioni Palomar) da cui lo spettacolo è stato liberamente tratto e che ha dato il nome alla compagnia.
In effetti, a tre anni dall’uscita, di strada il romanzo ne ha fatta. A raccontare l’eroismo ora non ci sono più solo i personaggi di carta e inchiostro creati dai due giovani scrittori crotonesi (di Scandale Dario Coriale, di Petilia Policastro Simone Arminio) ma attori in carne ed ossa che mercoledì dalle
Parte di un lungo articolo di Mara Pitari su Area Locale del
martedì 4 ottobre 2011
lunedì 3 ottobre 2011
domenica 2 ottobre 2011
Un vecchio articolo su Castellani e “IL Brigante”
Sopra il cartellone del film. Sotto, una foto scattata durante le riprese a Piazza San Francesco, conservata nell’Archivio Storico del Cinema
Articolo del prof. Giuseppe Gubitosi, Docente di Storia della Comunicazione di massa dell’ Università di Perugia.
I BRIGANTI NEL CINEMA ITALIANO DEL DOPOGUERRA
Chi voglia capire su quali presupposti si fonda l'idealizzazione della figura del brigante - e in particolare del brigante meridionale - nei film italiani può utilmente vedere il film del 1962 Il brigante, che Renato Castellani trasse dal romanzo di Giuseppe Berto, intitolato anch'esso Il brigante, edito per la prima volta nel 1951 e a sua volta ispirato da un fatto di cronaca.
Per circa tre quarti del film il protagonista, Michele Rende, non è un brigante, ma un bracciante di Grupa, un paesino della Calabria, che esercita su coloro che lo conoscono un grande fascino per la sua fierezza. Non solo le donne si innamorano di lui, ma egli esercita il suo ascendente anche sugli uomini. Riesce facilmente a convincere un affittuario a prenderlo come bracciante in un momento in cui tutti si rifiutano di lavorare per lui perché è stato loro ordinato da un uomo potente del paese. Ancor più significativo è il rapporto di profonda simpatia che Michele Rende stabilisce con Nino, il ragazzo che è anche la voce narrante del film. Questo rapporto è così forte che dal momento in cui Michele Rende viene arrestato con l'ingiusta accusa di essere un assassino, Nino diventa cupo e silenzioso.
Ma ancor più importante è il carisma in virtù del quale Michele Rende trascina i contadini dei paesi attorno a Grupa ad occupare le terre incolte di proprietà di un barone assenteista. Un barone che nel film non appare mai di persona, anche se si sente il suo enorme potere. L'antagonismo tra Michele Rende, uomo visibile a tutti, un lavoratore come gli altri, e il barone che, come una divinità, non si vede mai ma è sempre nominato e temuto da tutti, è il tema principale del film e del romanzo di Berto.
Perciò l'episodio principale della seconda parte del film è l'occupazione delle terre, diretta e organizzata da Michele Rende. È a seguito di questa occupazione che Michele diventa un brigante. Viene incriminato per un vecchio delitto, presumibilmente compiuto durante il fascismo, un'accusa dalla quale si era liberato dopo essere stato rimesso in libertà dagli Alleati durante la guerra. Rende ha anche combattuto con gli americani e con grande valore. Ha persino meritato una medaglia d'argento al valore militare. Sono queste caratteristiche, la fondamentale e naturale onestà di Michele Rende e il suo diventare un brigante, che fanno di lui un antieroe. Infatti nell'ultima parte del film Michele diventa un fuorilegge che uccide, incendia masserie e campi coltivati. Lo diventa perché viene ingiustamente arrestato dopo aver capeggiato l'occupazione delle terre a Grupa:
Hanno arrestato a me perché non potevano arrestare tutti gli altri - urla Michele ai carabinieri -. Cento, duecento, carcerarli, cacciarli dalla terra senza passare per bugiardi dopo queste promesse di libertà e giorni nuovi. Patàro l'hanno ammazzato, ma gli altri? Allora che facciamo? Ma sì! C'è Michele Rende con una vecchia condanna. Chi ci pensa se è vecchia? Chi ci pensa se è giusta o non è giusta? Chi ci pensa perché non l'ha finita? Se ha fatto la guerra? Se ha messo a repentaglio la vita dietro le linee. [...]. E bravo! E sei un eroe! E la bella medaglia d'argento al valor militare! Perché cacciato lui, la paura caccerà via pure gli altri. E così è stato. Che questi la paura ce l'hanno da secoli! La paura ci ha messo le radici nel cervello, nel cuore. Hanno paura di tutto: del padrone, della fame, del giorno dopo.
Poiché ha capito che le promesse di libertà degli Alleati erano illusorie, Michele sceglie di mettersi contro lo Stato, contro la legge, contro la proprietà terriera e contro gli stessi contadini. Non a caso mentre lui provoca ovunque incendi i contadini vengono a sapere che la terra verrà loro assegnata. Probabilmente si tratta della riforma agraria attuata nel 1950. Ma Michele Rende si spiega la cosa con la lotta di classe: - Michele, lo sai che ci danno la terra? Se è per paura o per amore non lo so, ma ce la danno. - Per paura, per paura.
Il film, dunque, è fondato sull'assunto "realistico" del quale i critici hanno parlato anche a proposito del romanzo di Berto. Un bracciante diventa brigante, si mette cioè contro la legge e contro la stessa comunità alla quale appartiene, perché la società capitalistica non è in grado di mantenere le promesse di giustizia e di libertà che la sua classe dirigente ha fatto alla caduta del fascismo.
Ci sono, nel film, momenti simbolici (peraltro poco gradevoli) molto significativi a questo proposito. Si pensi al finale del film: Michele viene ucciso da un appuntato dei carabinieri, il quale a sua volta ha visto morire, per mano dello stesso Michele, un altro carabiniere. Per di più questo carabiniere, l'appuntato Fimiani, ha perduto il posto perché è stato accusato di aver lasciato fuggire il brigante (e forse l'ha davvero lasciato fuggire). L'amministratore delle terre del barone, don Francesco Tomea, divenuto sindaco, sembra cadere sotto i colpi di Michele Rende sul balcone del municipio. Ma non è morto, si è solo scansato ed è stato protetto dall'insegna del Comune.
Il film è dunque sotteso da un assunto: si diventa briganti perché non è possibile agire bene. Far del bene agli altri, amarli (Michele ama donna Giulia), aiutarli a conservare la terra per vivere (Michele offre al padre di Nino di lavorare con lui per evitare che la terra gli venga tolta), dedicarsi alla collettività (organizzando l'occupazione delle terre incolte) non è che una lotta impari contro le forze del male, rappresentate dai proprietari terrieri e da coloro che sono al suo servizio (gli amministratori, i podestà, i sindaci, le guardie armate dai proprietari). Ed è una lotta nella quale si è inevitabilmente destinati a soccombere, dapprima diventando briganti, ovvero mettendosi fuori legge, poi in quanto si viene fisicamente soppressi, uccisi, dai carabinieri che, per quanto siano figli del popolo come i contadini, indossano una divisa (come dice a Michele l'appuntato Fimiani) e quindi sono al servizio dello Stato e delle classi dominanti.
Ne risulta un film a tesi, come diceva Rossellini, che non ha nulla a che vedere con il neorealismo. Perché si tratta di un lavoro a carattere didascalico, che cerca di utilizzare le vicende che narra come strumento per guidare lo spettatore verso un'interpretazione predeterminata del fenomeno del brigantaggio. Questa interpretazione, a sua volta, viene da un'ideologia, l'ideologia marxista che ha visto nell'occupazione delle terre e nelle "lotte contadine" un episodio della lotta di classe, della lotta condotta dai braccianti (Michele è appunto un bracciante) e dai loro alleati (i contadini poveri e soprattutto gli affittuari nullatenenti) contro i proprietari terrieri.