sabato 16 febbraio 2019

Roberto Pecchioli - Festival di Sanremo



Il sistema di intrattenimento è il veicolo privilegiato per far passare i messaggi voluti dall’oligarchia dominante. Il recente festival della canzone di Sanremo ne è la dimostrazione. Almeno tre obiettivi conseguiti in un  colpo: sdoganare il genere musicale Trap, sotto i riflettori dopo la tragedia dei ragazzini di Corinaldo; inviare un nuovo segnale multietnico, multiculturale e multitutto con la vittoria imposta di Mahmood, cantante “moroccan pop”; far capire al popolaccio, alla plebe televisiva che la sua opinione non vale nulla, giacché la vittoria è stata decretata dagli “esperti” , vil razza dannata postmoderna, i quali sanno, comprendono e giudicano meglio di qualsiasi altro. Il televoto, parodia della democrazia, non conta, proprio come quello della scheda elettorale. Grazie di avercelo ricordato. […]


Abbiamo verificato a quale degrado hanno condotto le culture post Sessantotto, musicali, sociologiche, politiche. Eppure, nonostante tutto, si fondavano ancora su visioni del mondo, ideali, sia pure sbagliati, come quelli di Imagine dei Beatles. Che cosa sarà di questa nazione, di questa civiltà tra dieci anni, quando i figli di Sfera Ebbasta, J-Ax, dei Migos, Drake e degli altri protagonisti di oggi saranno le icone rispettabili di una sottocultura che si sarà fatta potere, sistema di vita, senso comune?  Per noi, colpevoli di non aver combattuto abbastanza, la generazione che ascoltò bambina le canzoni dei Nomadi con i testi di Francesco Guccini, belle voci, musiche di qualità, l’unica, amarissima consolazione è il titolo del primo memorabile album: noi non ci saremo. Grazie a Dio.


Roberto Pecchioli
Genova 1954 -
Giornalista e scrittore


Parte di un articolo del 14 febbraio 2019 del sito www.maurizioblondet.it