martedì 31 agosto 2010
lunedì 30 agosto 2010
domenica 29 agosto 2010
“Rughe di pietra” di Iginio Carvelli
Rughe di pietra pubblicato da Rubbettino Editore nel 1995, racconta piccole storie di un paese calabrese, Scandale, situato nel cuore del vecchio marchesato di Crotone. Di seguito un passo che si trova a pagina 56, dove l’autore parla del palazzo Brescia e Largo Genuzzo.
“Sovrasta il largo un antico palazzo, acquistato e ristrutturato da don Pasquale Brescia, dinamico amministratore comunale, sindaco più giovane d’Italia nei primi anni cinquanta.
Il palazzo era abitato da don Riccardo, un vecchio possidente dalla barba incolta, lunga e bianca. Aveva gli occhi incavati, il ciglio austero. Non dava confidenza a nessuno. Non entrava nei locali pubblici. Non l’ho visto mai in chiesa. Sembrava l’innominato dei Promessi Sposi. Nella fantasia dei bambini era un uomo cattivo. Don Riccardo in verità, non faceva male a nessuno. Era solo un cavaliere solitario e forse romantico. A don Renato, suo parente, concesse un’ala del palazzo per avviare un ginnasio privato. Molti ragazzi volenterosi di famiglie meno abbienti, ultimate le scuole elementari, ebbero così la possibilità di studiare. A frequentare il ginnasio vennero ragazzi di San Mauro Marchesato e di altri paesi vicini. Perché non esistevano mezzi pubblici di trasporto al di fuori della vecchia “Mediterranea” che collegava Petilia Policastro con Crotone passando per Scandale.
Don Riccardo concesse altre stanze del palazzo e don Renato fondò il convitto Pio XII. Una iniziativa che morì sul nascere. Don Riccardo non tollerava il baccano dei ragazzi durante le ore di ricreazione, né perdonò un loro scherzo di cattivo gusto. Si racconta che nel pieno della notte, due dei più vivaci, tra cui Dino Vitale di San Mauro, si portarono dietro la porta che divideva il convitto dal resto del palazzo e lanciarono lamenti d’oltre tomba.
“Riccardo, Riccardo, pentiti, la morte è vicina: Riccardo, Riccardo, convertiti e dai le tue ricchezze ai poveri”. Don Riccardo fu drastico. Sfrattò il convitto appena finì l’anno scolastico.
Ora sul “largu i genuzzu” sembra calato un sipario di silenzio”.
venerdì 27 agosto 2010
Catanzaro
Panorama di Catanzaro in una foto di Marcello Lattari
Comuni della
Provincia di Catanzaro
Albi - Amaroni - Amato - Andali - Argusto - Badolato - Belcastro - Borgia - Botricello - Caraffa di Catanzaro - Cardinale - Carlopoli - Catanzaro - Cenadi - Centrache - Cerva - Chiaravalle Centrale - Cicala - Conflenti - Cortale - Cropani - Curinga - Davoli - Decollatura - Falerna - Feroleto Antico - Fossato - Serralta - Gagliato - Gasperina - Gimigliano - Girifalco - Gizzeria - Guardavalle - Isca sullo Jonio - Jacurso - Lamezia Terme - Magisano - Maida - Marcedusa - Marcellinara - Martirano - Martirano - Lombardo - Miglierina - Montauro - Montepaone - Motta Santa Lucia - Nocera Terinese - Olivadi - Palermiti - Pentone - Petrizzi - Petronà - Pianopoli - Platania - San Floro - San Mango d'Aquino - San Pietro a Maida - San Pietro Apostolo - San Sostene - San Vito sullo Jonio - Sant’Andrea Apostolo dello Jonio - Santa Caterina dello Jonio - Satriano - Sellia - Sellia Marina - Serrastretta - Sersale - Settingiano - Simeri Crichi - Sorbo San Basile - Soverato - Soveria Mannelli - Soveria Simeri - Squillace - Stalettì - Taverna - Tiriolo - Torre di Ruggero - Vallefiorita – Zagarise.
giovedì 26 agosto 2010
Scandale nel 1834
Panorama di Scandale in una foto degli anni Cinquanta
Giovanni B. Rampoldi, Corografia dell’Italia, Per Antonio Fontana, Milano, vol. III, 1834, pagina 932.
“SCANDALI, villaggio del Regno delle Due Sicilie, nella meridionale Calabria, distante di Cotroni , cantone di Santaseverina , presso la sinistra riva del fiume Esaro,
mercoledì 25 agosto 2010
martedì 24 agosto 2010
Foto della città tedesca di Villingen-Schwenningen
Villingen-Schwenningen è una città del Land tedesco del Baden-Württemberg dove vivono molti emigrati scandalesi. È il capoluogo e la più grossa città del circondario rurale dello Schwarzwald-Baar-Kreis. All'interno della città è possibile distinguere il quartiere di Schwenningen, dove viene tradizionalmente parlato il basso alemanno e quello di Villingen, dove viene invece parlato lo svevo.
domenica 22 agosto 2010
Chiese scomparse: Santa Maria dei Franchi o della Natività
La chiesa dell’Addolorata a piazza San Francesco in una foto di Luca Simbari.
Nei pressi di questa chiesa, quando si chiamava Annunziata, sorgeva la chiesa di “Santa Maria della Natività”. Dal Seicento in poi il popolo cominciò a chiamarla “Santa Maria dei Franchi” perché era stata costruita dalla nobile famiglia Franco di Scandale. Successivamente, anche sui documenti ecclesiastici rimase questa denominazione.
Per quanto riguarda questa chiesa che originariamente si chiamava “Santa Maria della Natività” e successivamente “Santa Maria dei Franchi”, bisogna tener presente che nacque originariamente come piccola cappella all’interno della chiesa dell’Annunziata (1571) e successivamente, cioè sulla fine del Cinquecento (1594), la famiglia Franco si costruì una chiesa con questa denominazione, non molto lontano da quella che noi conosciamo come Addolorata. Infatti, “in una memoria riguardante la fondazione della cappellania della SS. Annunziata della famiglia Franco di Scandale è riportata la copia di un atto del notaio Marcello Santoro di Santa Severina. Dal documento si desume che il 14 novembre 1571 nella città di Santa Severina Catharina Salomone, vedova di Henrico Franco, ed i figli Antonio, Salvatore, Domenico, Nicola e Giovanni Domenico fecero una donazione alla “ecclesia sub vocabolo Santissima Annuntiatae costructae intus casale Scandale seu Gaudiosi Sanctae Severinae Diocesi”, per potere celebrare una messa settimanale per loro e per i loro consanguinei, per meglio ornarla e fornirla di ogni necessità ed avere lo ius presentandi del cappellano. La piccola cappella detta anche di Santa Maria o della Natività, era stata fondata e costruita dal predetto Henrico Franco e gli eredi. Per ottenere più facilmente la bolla di concessione dello juspatronato della cappella dal cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santoro, donarono alla chiesa alcune terre in località “Troncone Nigro”; terre che erano state comprate a suo tempo per questo scopo da Henrico Franco.
Dai documenti risulta che nel Sinodo che si svolse a Santa Severina nel 1594, partecipò “l’herede de Henrico Franco per l’ecclesia della Natività con una libbra di cera”. Questi, altro non era che il rettore o patrono della nuova chiesa dedicata a Santa Maria dei Franchi.
Secondo il rapporto dell’architetto Tango del 1653: “Poco distante [dalla chiesa dell’Annunziata] è un’altra Cappella di Santa Maria delli Franchi, juspatronato della famiglia de Franchi, dove è l’altare guarnito di stucco con Cona di Nostra Signora del Rosario con li misteri intorno, tiene comodità per celebrare e vi sono cinque messe la settimana, con una campana”.
Nel rapporto dell’ingegnere Giovan Battista Manni del 1687, c’è scritto che “l’altra chiesa è sotto il titolo di Santa Maria delli Franchi juspatronato d’essa famiglia”.
venerdì 20 agosto 2010
giovedì 19 agosto 2010
Santa Severina del prof. Francesco De Luca.
Questo libro su Santa Severina è uno dei tanti pubblicati dal prof. Francesco De Luca, che da decenni dedica il massimo impegno culturale al suo paese.
Dagli Enotri ai Greci, ai Romani, agli Arabi, ai Normanni, agli Aragonesi e poi ai diversi feudatari dai Carafa ai Ruffo, agli Sculco, ai Grutther, l’autore ripercorre, con puntuale rivisitazione degli studi precedenti, la storia della cittadina che raggiunse l’apice della gloria con la sua elezione a Metropolia dell’Impero di Bisanzio. Ampio risalto viene dato al patrimonio artistico che consacra Santa Severina come un’autentica gemma nel marchesato crotonese.
martedì 17 agosto 2010
lunedì 16 agosto 2010
Poesia di Nicola Paparo
‘U CIUCCIU ARRAGATU
‘U sa ru ciucciu quandu duna vota
‘a suddra tennareddra ch’ha manciatu
ch’ ‘a fera s’avvicina e Furtunatu
‘li lima ru scajiuni e pua ‘li duna
sira e matina catu di vrudata
ca vo’ fricari, sempri fora manu,
cazzuni patentatu mericanu.
Prudizze d’iddru vanta senza fine
ccu zzingari latruni e malandrini
ca sutt’a cuda, l’urtima matina,
‘na spina di ruviettu sularina
‘li mintad’a ru culu chianu chianu
ca rendiri lu fanu jioculanu
quandu lu tocca zingaru ccu manu.
Chi portad’a ra casa ‘s’arraguni
a timp’e ‘mpar’ ‘u ndi simina granu
e s’è santamarisa lu gabbatu
‘a merd’ ‘u ra rimina ‘ntru lu catu;
a Lecce lu spediscia di filatu
duv’a ra ‘mpressa vena macellatu
e a murtadella mista ‘mpacchettatu.
sabato 14 agosto 2010
giovedì 12 agosto 2010
martedì 10 agosto 2010
domenica 8 agosto 2010
Scandale nel Seicento
Scandale nel Seicento. Parte di un lungo articolo del Prof. Giuseppe Caridi (foto a destra), nato a Reggio Calabria, docente di Storia Moderna all’Università di Messina.
“Una volta seguite, pur con le inevitabili lacune, le vicende demografiche, si pongono altre importanti questioni inerenti alla realtà di Scandale nel secolo XVII, come, ad esempio, le occupazioni e i modi di vivere dei suoi abitanti; questioni alle quali, se sulla scorta della documentazione disponibile non è possibile dare risposte esaurienti, si possono, tuttavia, fornire interessanti indicazioni.
In una “Descrittione” del 1602, conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano e redatta da un incaricato della nunziatura apostolica napoletana per informare
Alcuni atti notarili relativi all’affitto di terreni della Mensa arcivescovile testimoniano, anche in periodi successivi, l’esistenza di rilevanti interessi economici di scandalesi in varie parti del feudo di Santa Severina evidenziati dall’ignoto informatore pontificio. Nel luglio del 1660, ad esempio, il reverendo Egidio Basilico di Scandale ottiene in locazione, per 156 ducati, la tenuta ecclesiastica di Centonze. Due anni dopo, sono gli scandalesi Giovanni Vincenzo Cizza e Giovanni Vincenzo Iuccagnari a prendere in fitto il fondo Diastrella per un biennio, al canone di 25 tomoli di grano l’anno. La gabella arcivescovile di Santa Anastasia, in territorio di Scandale, è locata, nel novembre
Con il contratto di locazione quadriennale stipulato con
Particolarmente attivi in campo economico appaiono quindi gli ecclesiastici scandalesi. I loro nomi, nel novembre 1660, si desumono dagli atti di una visita pastorale. Si tratta in tutto di 25 unità, un numero rilevante anche se non raggiunge i livelli della città arcivescovile di Santa Severina dove, ad esempio, nel 1687 il solo clero secolare conta 60 membri, pari al 6,7% dell’intera popolazione, oltre il quintuplo, cioè, per avere dei termini di confronto, della media calcolata in tutto il Regno di Napoli, secondo le cifre fornite dal Galanti, un secolo dopo”.
Giuseppe Caridi, Aspetti e momenti della vita di un casale ripopolato: Scandale nel Seicento, in Archivio Storico per
venerdì 6 agosto 2010
giovedì 5 agosto 2010
Mussolini passa da Crotone e molti scandalesi non si perdono l’evento
PIAZZA PITAGORA A CROTONE IN UNA FOTO D’EPOCA
Nel 1938 passò da Crotone Mussolini. Per vederlo partirono su dei carri molti scandalesi (circa 45-50 persone). Il Duce era atteso per le dieci della mattina, ma arrivò il pomeriggio. I testimoni raccontano che rimasero per ore chiusi nelle transenne di piazza Pitagora che per motivi di sicurezza era stata completamente chiusa. Non si poteva andare nemmeno al bagno o a mangiare. Finalmente arrivò Mussolini che non aveva nessuna intenzione di fare discorsi, ma il Ministro accanto lo pregò di dire almeno qualche parola. Il che, il Duce rivolto alla piazza disse: “Calabresi, la Calabria deve fare un passo avanti e lo farà”: scese dal pulpito e se ne andò.
Questo piccolo fatto di cronaca me l’ha raccontato molti anni fa un noto personaggio di Scandale ormai anziano (di cui non posso fare il nome su sua specifica richiesta), che era sceso a Crotone con il padre e lo zio, che in realtà non ce lo volevano portare perché molto giovane; ma lui dopo vari scontri verbali, uscì di casa la mattina presto e aspettò la carovana al cimitero e, dopo una ennesima litigata, il padre fu costretto a portarlo. Racconta che vide Mussolini stando sulle spalle dello zio.
mercoledì 4 agosto 2010
martedì 3 agosto 2010
domenica 1 agosto 2010
Un Giuramento a Scandale nel 1955, raccontato da Rossi-Doria
Il giuramento di Mena di Ciccuzzo in una foto conservata da Luigi Aprigliano
Scandale, 16 aprile 1955.
Il giuramento:
A Scandale, e credo anche nei vari paesetti calabresi, si usa fare una cerimonia prima del matrimonio. È il giuramento. Diciotto giorni dopo (mai prima) avviene lo sposalizio. Il giuramento è valido 6 mesi; se dopo sei mesi non si sposano, bisogna rifare un altro giuramento.
La cerimonia avviene in casa della fidanzata. Non ci sono inviti scritti. Si invitano gli amici. Verbalmente. Questa cerimonia avviene di sera, verso le otto quando gli uomini si ritirano dalla campagna.
Antonietta e Giovanni sono fidanzati da due anni. Lei ha 21 anni, lui 30. Come si sono conosciuti. Abitano l’uno vicino all’altro. Si conoscevano da bambini, quando si fecero più grandi cominciarono a guardarsi diversamente così si accorsero di volersi bene. Lei è la prima di 6 figli. Lui ha ancora 3 fratelli più giovani. Sono tutti e due belli e simpatici e sembrano volersi molto bene. Non sono più ragazzi. Lei fa la sartina e lui ha il trattore in società con un cognato e un altro fratello. Quando saranno sposati andranno ad abitare in una casa nel corso, affitto lire 50.000 al mese. Vogliono pochi figli.
La casa della sposa (ossia una camera) fu sgombrata dai letti, i quali furono portati a casa del fidanzato. Si misero sedie, molte sedie e poco a poco arrivarono gli invitati, parenti e amici.
La fidanzata e la sua famiglia si erano cambiati poco prima. Avevano aperto la porta all’armadio e dietro si cambiarono. La ragazza, la madre e la sorella.
A mano a mano che arrivavano gli invitati le donne si sedevano da una parte e gli uomini dall’altra. Arrivarono donne con bambini in braccio, piccolissimi; ogni tanto si tiravano il seno fuori, voltando le spalle agli uomini e davano il latte ai pupi. I promessi sposi erano seduti vicini davanti a un tavolo che fu tolto quando arrivò il prete.
Durante l’attesa del prete, il grammofono fu acceso. I dischi giravano e le voci dei cantanti coprivano le conversazioni. La gente gridava per parlare. I bambini si muovevano tutti, due ragazzine ballavano, altri piangevano e tutti aspettavano pazienti.
Quando arrivò don Renato fu spenta la radio, tolta la tavola e tutti si quietarono e si avvicinarono ai fidanzati.
Don Renato si sedette e cominciò a copiare i certificati di nascita che consegnò al futuro sposo dicendogli di consegnarli in municipio. Poi chiese a lui se aveva fatto il militare, dove, se là non si era sposato e lo fece giurare pressappoco così: “Giuro di non aver preso moglie quando facevo il militare”.
Poi il prete chiese: la vuoi prendere in sposa? Si.
Poi si rivolse a lei e la fece firmare di voler prendere quello per marito. La cerimonia era finita. Don Renato raccontò storie sui militari sposati, si alzò, rifiutò di prendere ogni cosa dicendo che doveva osservare il digiuno e uscì con il pacchetto lo stesso.
Allora cominciò la consegna dei regali tra le due famiglie. Lui regalò alla fidanzata orecchini d’oro, anello e catena, e lei a lui anello. Poi la famiglia di lei regalò alla madre del fidanzato uno scialle di seta (perché è vedova): questi atti sono talmente convenzionali che non svegliano per niente la loro gioia. Tutto è preparato e saputo in anticipo: così si deve fare.
Poi cominciò la sfilata degli amici: in grande maggioranza uomini. Forse ci fu solo una donna. Poteva essere di una cinquantina di anni o più. Ognuno consegnò facendo gli auguri, chi una busta, chi saponetta, chi calze di nylon, chi confetti, chi fazzoletti. Il fidanzato era baciato lei no, il fidanzato ringraziava lei no. Dopo questa pioggia di auguri e di buste (in genere si prendono 4.000 mila lire), tutti ripresero il loro posto aspettando i giri dei bicchierini.
Il fidanzato si accostava sempre di più alla ragazza, si parlavano ed erano simpatici. Gli altri parlavano per conto loro, i bambini più piccoli si addormentavano, altri piangevano. La confusione regnava; ogni tanto uno si sentiva sopra la testa il vassoio e i giri di liquori continuavano, poi passavano i confetti, cioccolatini e paste secche. Certi uomini di fronte stavano zitti, immobili; quando arrivava il liquore bevevano e si rimettevano in posa. Così durò fino alle 10, 30. I giri erano finiti, qualche persona salutava ed usciva.
Rimisero i dischi, spostarono un po’ le sedie e si cominciò a ballare. Per primo ballarono soli, “i giurati”; al secondo ballo 3 o 4 coppie si lanciarono. Due donne ballavano insieme, poi due uomini, poi gli sposi. Gli altri guardavano e si divertivano per niente.
Un vecchio si lanciò solo quando iniziò il fox e sgambettava e saltava e girava mani e piedi e occhi: tutti si divertivano come bambini ed applaudirono forte quando il vecchio si fermò.
La sposina, con i guanti di cordoncino nero era impassibile. Lui invece eccitato e sorridente. Molti dormivano in piedi e forse per la pigrizia di alzarsi con i bambini in braccio non si muovevano.
Alle
Roma, ARCHIVIO ROSSI-DORIA, Notazioni ed appunti tratti dalle interviste agli abitanti di Scandale (1955), Volume II, fascicolo 9.