Scandale 1955 - Manlio Rossi-Doria e il
Dottor Rocco Mazzarone in via Roma
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Studio
di una comunità rurale interessata alla riforma agraria: Scandale, in provincia
di Catanzaro.
La
relazione conclusiva, nella sua stesura provvisoria presentata all’ente
committente [UNESCO], tentò di dar conto, nel miglior modo possibile, delle
indagini svolte, anche se fu lasciata aperta la possibilità di fornire,
successivamente, ulteriori informazioni.
Una
prima conclusione fu senz’altro quella secondo cui Scandale era una tipica
espressione di quella realtà meridionale nella quale minori sembrano essere le
possibilità di sviluppo di una più ricca agricoltura e nella quale, perciò,
l’imponente aumento della popolazione agricola verificatosi negli ultimi
decenni ha aperto una crisi che (sulla base delle risorse attualmente
disponibili in loco) è di fatto irresolubile. Sembrò di potersi concludere che
la stessa riforma fondiaria (nonostante i sui benefici effetti) era stata
investita da questa crisi, riproponendosi, così, l’antico problema
dell’equilibrio tra risorse naturali e forze di lavoro. Quello stesso problema,
cioè, che aveva nel passato trovato un certo sfogo nell’emigrazione e che,
quindi, avrebbe potuto ancora trovarlo in futuro in un più organizzato esodo
rurale. Quanto, invece, alla congruità o meno degli indirizzi nell’intervento
della riforma, alla partecipazione ad essi degli assegnatari ed alle
aspirazioni di questi si rivelò che:
a)
gli indirizzi tecnici seguiti sembrano in aperta contraddizione con l’ampiezza
ed il carattere delle nuove aziende contadine;
b)
stante questa situazione, non vi era alcuna partecipazione degli assegnatari
all’esecuzione dei lavori (il che non era stato neppure richiesto) ed anzi era
del tutto mancata la loro approvazione e comprensione fino al punto di
determinare una precisa azione di disturbo o di almeno parziale distruzione del
già fatto;
c)
sebbene ignoranti e bisognosi di aiuto, i contadini dimostrarono di avere le
idee chiare ed aderenti alla realtà di quelle che avevano guidato
l’impostazione dei tecnici nell’utilizzazione di quei terreni. Così, per
esempio, nella maggior parte dei terreni (che erano di natura argillosa e ad
andamento collinare in ambiente prettamente arido) i contadini continuavano a
vedere unicamente possibile una cerealicoltura estensiva e perciò stesso
avevano accolto con estremo favore l’introduzione dei trattori da parte
dell’Ente Riforma.
Sostanzialmente
diverse, a loro volta, le conclusioni relative alle zone più suscettibili di
essere trasformate (più di 600
ettari , interessanti circa 150 poderi) per le quali
sembrò essere assicurato un avvenire più prospero basato su un’agricoltura più
ricca e più varia, con un vitale insediamento delle famiglie in campagna e,
quindi, con differenti prospettive. Per questo, però, si sarebbe resa
indispensabile una buona assistenza tecnica e creditizia nonché un’adeguata
organizzazione per il collocamento o la trasformazione dei prodotti. Su tutto il
rimanente delle terre restava valido il giudizio espresso dai vecchi
agricoltori e dai nuovi contadini: non essere, cioè, economicamente conveniente
altra destinazione che non fosse quella della cerealicoltura meccanizzata,
accompagnata dal progressivo ritorno al pascolo ed all’allevamento delle pecore
sulle terre più povere e scoscese.
Ma
ciò sarebbe stato possibile solo se (come si è già detto) fosse stata
realizzabile una certa emigrazione da Scandale tale anche da determinare la
formazione di unità fondiarie più larghe nelle quali poter stabilizzare delle
imprese contadine con ordinamenti produttivi estensivi e meccanizzati. Risultò,
in altri termini, la coesistenza, a Scandale, di un settore stabile e di
un altro instabile nella sua agricoltura; condizione, questa, che determinava
una continuazione dello stato di crisi del paese e di quella popolazione. Al
fine di attenuare i più gravi aspetti della miseria e della disoccupazione nel
paese e, nello stesso tempo, di preparare un più solido equilibrio per
l’avvenire si pensò di poter indicare alcune direzioni entro le quali operare
con modestia di mezzi e persistenza di azione:
a)
consolidamento del nucleo stabile sulle terre irrigabili ed alberabili;
b)
miglioramento qualitativo della cerealicoltura meccanizzata sulle terre
argillose non trasformabili, reinserendo in esse gradualmente le colture
sarchiate miglioratrici (fava) e le foraggere;
c)
acquisto e progressiva piantagione di tutte le terre alte adatte all’olivo,
alla frutticoltura ed alla vite;
d)
organizzazione cooperativa del credito di esercizio e di miglioramento;
e)
partecipazione con proprie cooperative di lavoro alle sistemazioni montane od
in zone vicine;
f)
miglioramento dell’abitato del paese e della rete stradale campestre eseguito
dagli stessi contadini, valendosi di mutui di favore e di contributi statali;
g)
istruzione elementare, post-elementare e professionale diretta alla
preparazione dei giovani all’emigrazione.
A
distanza di anni la ricerca andrebbe ripresa al fine di controllare cosa è
avvenuto in questo periodo e, quindi, valutare, meglio di quanto non poté
essere fatto a quell’epoca, gli effetti della riforma.
Cfr. Manlio Rossi-Doria, Studio di una comunità rurale interessata
alla riforma agraria: Scandale, in provincia di Catanzaro, Bollettino delle
ricerche sociali, Anno I, n°3-4, maggio-luglio 1961.