lunedì 30 settembre 2013
domenica 29 settembre 2013
Archivio Rossi Doria - Barberio Antonio fu Gerardo (1955)
Gerardo Barberio in una foto dell'Archivio Aprigliano |
BARBERIO ANTONIO fu Gerardo
Tunutro 21 – vc; 25
Primo tentativo di insediati
Famiglia Barberio Antonio fu Gerardo di
48 anni. Moglie: Sellaro Francesca di Rosario di 35 anni. Figli: 7; 4 maschi –
3 femmine – Insediati.
Giudizio
Barberio e
la sua famiglia sono insediati già da due anni a Corazzo. Sono venuti con
entusiasmo e con il programma di lavorare e di stare meglio. Allora, non solo mancava
la luce, l’acqua e il medico come purtroppo ancora adesso, ma le famiglie
trasferite erano poche e Francesca (la moglie) si sentiva abbandonata e isolata
con problemi nuovi e senza appoggio famigliare.
Dopo due
anni Francesca parla di ritornare in paese. È naturalmente un trasferimento che
non avverrà, e questo per diverse ragioni: è consapevole dell’importanza di
rimanere in campagna perché sa che ora è duro ma fra anni staranno meglio di
ora, e anche se dice “meglio oggi l’uovo e non domani la gallina”, aspetterà di
avere la gallina.
Le ragioni
della disperazione di Francesca sono dovute alla disillusione di non avere
cambiato la sua vita in due anni. Ora si rende conto, che cambierà ma non in
due anni. Si preoccupa perciò dei problemi attuali: dei suoi sette figli che
deve vestire e nutrire. Dei debiti fatti in paese e della vita in campagna
senza luce, senza acqua, senza pozzo e senza assistenza. Ha bisogno di un aiuto
di una assistenza. Bisogna naturalmente tener conto che Francesca ha 7 figli e che in questo periodo, suo marito soffre d’otite cronica. “Il
poveretto non dorme la notte dai dolori e di giorno sbatte la testa a destra e
a sinistra”.
Origine
e storia
Il padre di
Francesca era bracciante prima della riforma. Ora invece possiede una quota a
Corazzo, ma ancora non si è trasferito.
In famiglia
erano 11 figli, tutti vivi 6 femmine, e 5 maschi, 6 sono sposati e 5 ancora
sono a casa. La madre di Francesca ha appena 55 anni e partorì 4 volte con
Francesca. Francesca non si considera la meglio sistemata finanziariamente, ma
lei si è sposata regolarmente perché incinta. Delle altre 3 sorelle, una si è
messa con un uomo separato dalla moglie e senza figli ed è quella che sta
meglio finanziariamente, un’altra diventò l’amante di un uomo vecchio con
moglie e figli; la terza si sposò dopo essere scappata.
I genitori
di Francesca sono brave persone, umili e dignitosi, mortificati dai matrimoni
delle 3 figlie. Francesca come le altre sorelle e i 5 fratelli non andò a
scuola. Lavorò in casa e in campagna durante i lavori stagionali.
Si fidanzò
a 15 anni’ e si sposò a 17. Non ebbe molte proposte perché si fidanzò molto
giovane. Fu un matrimonio d’amore!... Lui era più vecchio di 13 anni ma era
bello e buono. In dote portò i mobili – dei poveri mobili e un corredo a 6
pezzi. Antonio (suo marito) comprò la casa della madre di Francesca per 9.500
lire. La pagò di più perché la casa era impegnata e Antonio per averla dovette
dare più interesse.
Antonio
stava bene di famiglia e all’inizio quando c’erano pochi figli Francesca si
sentì più a suo agio. Verso il 1950 Francesca dovette andare a Catanzaro e
Crotone per farsi visitare. Era malata di fegato e si curò durante tutto
l’anno. Fu un periodo difficile. Ora sta bene. I figli sono nati l’uno dopo
l’altro: 1938 Gerardo; 1941 Luigina; 1944 Rosario; 1947 Santina; Maria 1950;
1952 Salvatore; 1954 Giuseppe. Un solo bambino morì appena nato.
La casa
dove abitano i Barberio fa parte del primo gruppo di case fatte dall’Ente. C’è
solo il pianterreno. L’entrata è ad angolo. A sinistra si va alla stalla, di
fronte si entra nella cucina. La casa è sporca. Francesca dà colpa al cattivo
tempo e alla mancanza d’acqua. Si lagna dell’Ente che ancora non ha costruito
la strada; si lagna della casa dove entra l’acqua e il fango quando piove, si
lagna della stalla troppo vicina. La casa è umida. Francesca dice che da quando
stanno in colonia, i bambini si lagnano di mal d’orecchio. Per finire Francesca
dice: “Non dovevano costruire la casa così, anche perché al posto della casa si
poteva coltivare qualche cosa”.
Anche
considerando le critiche di Francesca che possono essere giuste, obiettivamente
si può dire che la casa è triste, fredda e poco accogliente.
Parte del fascicolo dedicato a Barberio
Antonio fu Gerardo- Roma, Biblioteca “Giustino Fortunato”, Archivio
Rossi-Doria, Scandale, vol. III, fasc. 14. L’originale è di 25 pagine
dattiloscritte.
venerdì 27 settembre 2013
Van Gogh, il suicidato della società
Vincent Willem Van Gogh
Groot
Zundert 1853 – Auvers sur Oise 1890
Pittore
olandese
Van Gogh, il suicidato della società
A proposito della buona salute mentale
di Van Gogh, che, in tutta la sua vita, non ha fatto altro che cuocersi una
sola volta la mano e, per il resto, tagliarsi una volta l’orecchio sinistro.
Van Gogh non è morto per un vero stato
di delirio, ma per essere stato fisicamente il campo di un problema intorno al
quale, dalle origini, si dibatte lo spirito iniquo di questa umanità. Quello
della predominanza della carne sullo spirito, o del corpo sulla carne, o dello
spirito sull’uno e sull’altra.
E dov’è in questo delirio il posto
dell’io umano.
Van Gogh cercò il suo io durante tutta
la vita, con un’energia e una determinazione sorprendente, non si è suicidato
in un momento di follia, nell’ansia di non potersi raggiungere, ma al contrario
appena raggiunto e appena scoperto quello che era e chi era, la coscienza della
società, per punirlo di essersi strappato ad essa, lo suicidò.
Questo è successo con Van Gogh come
sempre succede, nell’occasione di una partouse, di una messa, di un’assoluzione,
o di tal altro rito di consacrazione, di possessione, di succubazione o di
incubazione. S’introdusse quindi nel corpo. Questa società assolta, consacrata
santificata e posseduta, cancellò in lui la coscienza sovrannaturale appena
conquistata, e, con un’inondazione di corvi neri nelle fibre del suo albero
interno, lo sommerse di un ultimo assalto, e, prendendo il suo posto, lo
uccise.
Perché è nella logica anatomica
dell’uomo moderno non aver mai potuto vivere, né pensato di vivere, altrimenti
che da posseduto.
Antonin Artaud, Van Gogh, le suicidè de la societè (il suicidato della società), La Camera del Sud, Roma 1983.
Mangiatori di patate (1885) – Amsterdam, Museo Van Gogh
|
giovedì 26 settembre 2013
mercoledì 25 settembre 2013
Massime e aforismi - Gustave Flaubert
“Non leggete, come fanno i bambini, per
divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere”
Gustave Flaubert
Rouen 1821 – Croisset 1880
Scrittore francese
martedì 24 settembre 2013
lunedì 23 settembre 2013
L'Amerigo Vespucci
L'Amerigo Vespucci è un veliero della
Marina Militare costruito come nave scuola per l'addestramento degli allievi
ufficiali dei ruoli normali dell'Accademia Navale.
domenica 22 settembre 2013
Renato Carvelli - Ohi Ma
Renato Carvelli |
“L’UOMO VUOLE ESSERE A TUTTI I COSTI
PROTAGONISTA.
QUANDO NON CI RIESCE
SE LO IMMAGINA”
RENATO CARVELLI
Scandalese nato a Chivasso nel 1964 –
Vive a Crotone
OHI MA
Ohi Ma…! Così invocavo la tua
attenzione,
anche se non discernevo bene nel
profondo,
la grandezza di questa espressione,
sapevo che era come un faro pronto ad
illuminare tutte quelle ombre
piccoli o grandi che, la vita
quotidianamente ti pone davanti.
Ora che non ci sei, con la
consapevolezza e il discernimento
di quanto importante fosse quell’esclamazione,
con gli occhi arrossati da una sola
lacrima,
“anche se vorrebbero uscirne a fiumi”
ma, trattenute da quel poco
di dignità verso la coscienza,
nel dolore, nelle sofferenze e nelle
paure,
In silenzio grido:
Ohi Ma…!!
venerdì 20 settembre 2013
Paesi di Calabria - Locri
Locri - Resti del cosiddetto Santuario dei Dioscuri in una foto di Antonio Mazzaferro |
LOCRI
Nei pressi dell’abitato moderno sorgeva
Locri Epizephyrii, antica e potente
colonia della Magna Grecia fondata, secondo Strabone, alla fine del VIII secolo
a.C. (secondo Eusebio nel 673-672
a .C.) da coloni provenienti dalla Locride.
Quando arrivarono i primi coloni si
stabilirono per pochi anni sul promontorio Zefiro (oggi Capo Bruzzano) da qui
il nome Locroi oi Epizephyrioi che usavano per
distinguersi dai Locresi della Grecia.
Oscura rimane la storia di Locri nei
secoli VII e VI. Comunque, nel 660 circa il legislatore Zaleuco diede alla sua
città un codice di leggi scritte. Nel 560 a .C. i Locresi sconfissero i Crotoniati nella
battaglia del fiume Sagra con il leggendario intervento dei Dioscuri. Oltre ad essere bravi
nella musica e nel canto, i Locresi si dedicarono alla coltivazione degli
alberi e all’allevamento dei cavalli. La crescente potenza dell’elemento Bruzio
segnò l’inizio della decadenza della città. Infatti, nel 280 si diede a Pirro,
che si impadronì del tesoro del celebre santuario di Persefone. Datasi ai
Romani nel 275, dopo la battaglia di Benevento, passò dopo Canne (216) ai
Cartaginesi e nel 208 fu invano assediata dal console Quinzio Crispino. Nel 205
fu presa da Scipione. Successivamente divenne municipium ed ebbe una discreta ripresa nel II-III secolo d.C. Fu
sede di diocesi ma decadde gradualmente fino all’abbandono totale intorno
all’VIII secolo a causa delle scorrerie arabe. Gli abitanti e il vescovo si
rifugiarono a Gerace.
La città moderna sorse come frazione di
Gerace e cominciò a svilupparsi in misura considerevole solo dopo la
costruzione della ferrovia ionica (1875). Nel 1905 divenne comune autonomo e
fino al 1934 si chiamò Gerace Marina.
A circa 3 Km , seguendo la Statale 106 si può fare
una escursione alle rovine di Locri
Epizephyrii, i cui scavi furono iniziati nel 1889 dall’archeologo Paolo
Orsi e continuano ancora oggi. Da visitare il Museo Nazionale.
Locri è stata patria di illustri
personaggi antichi: i filosofi Acrione, Filodamo, Gyptio, Timeo; degli atleti
Euticle, ed Eutimo; del legislatore Zaleuco; dei poeti Stesicoro, Carilao,
Minasea; della poetessa Nosside.
Il monumento a Nosside sul lungomare di Locri in una foto di Davide Aversa |
giovedì 19 settembre 2013
mercoledì 18 settembre 2013
Massime e aforismi - Josif Brodskij
martedì 17 settembre 2013
Come eravamo
lunedì 16 settembre 2013
domenica 15 settembre 2013
Maestri di Scandale nel 1950 - 1951
Ragazzi delle scuole elementari di Scandale con il maestro Poerio in una foto degli anni Cinquanta conservata da Luigi Aprigliano. La prima a sinistra è Maria, moglie di Mico Aprigliano. |
Maestri di Scandale nell'anno scolastico 1950 - 1951
Sculco Vittorio...................1ª
Maschile: alunni 46
Bevilacqua Lidia................1ª
femminile: alunni 50
Riccio Giovanni.................1ª Mista: alunni 47 –
maschi 28 – femmine 19
D’Alfonso Giuseppe..........2ª
Maschile: alunni 47
Lo Giacco Battistina..........1ª Femminile:
alunni 47
Poerio Antonio...................3ª maschile: alunni
41
Di Paola Filomena..............3ª
femminile: alunni 35
De Bella Acerdino..............4ª Mista: alunni 45 –
maschi 28 – femmine 17
Cannozzo Francesco.........5ª Mista:
alunni 28 – maschi 16 – femmine 12
Scuola popolare 1950-1951
D’Alfonso Giovanni..............Alunni
30 maschi
Medici
Consolata..................Alunni 26 maschi
Roma. A.N.I.M.I. (Associazione
Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno
d’Italia), Archivio Rossi-Doria, Scandale, faldoni I-VI.
venerdì 13 settembre 2013
San Mauro Marchesato alla fine del Seicento
L’abitato di San Mauro alla fine del
Seicento
Scorcio di San Mauro Marchesato |
I Relevi
dei feudatari, le visite arcivescovili e l’apprezzo del Manni evidenziano il
precipitare della crisi che investe il casale verso la metà del Seicento e si
prolunga per buona parte del secolo. Il terremoto del 1638 e la peste del 1656
si inseriscono ed aggravano la situazione delle campagne, che sono esposte alle
incursioni ed agli incendi dei “ilucchi et perditorum hominum” ed immiserite
dal succedersi di “male annate”. Le terre che con il ripopolamento erano state
dissodate ed avevano decuplicato le rendite dei grandi proprietari ed avevano
permesso la formazione di un ceto di proprietari locali, ora per mancanza di
braccia e di animali inselvatichiscono e ritornano alle rese primitive50. Il
calo è evidenziato dall’abbandono delle numerose fosse per conservare il grano,
che sono lungo la strada del casale, che indica con certezza l’estinzione di
alcune famiglie e la rovina di altre. L’abitato “nel quale si può entrare
dappertutto” mostra i segni della decadenza. Le chiese e le cappelle malconce e
dissestate per il terremoto rimangono per lungo tempo in stato di abbandono per
la povertà degli abitanti51. La casa della Corte simbolo del potere “è diruta”;
è rimasta solo la torre che serve come orologio. Alcune iniziative di miglioramenti
soprattutto attuate da religiosi hanno vita breve. Le case, “cominciate con
gran disegno” dal vescovo Francesco Megale nello Spontone, nel 1688, a sette anni dalla
sua morte, non sono ancora state portate a “perfezione”. I beni del reverendo
Giacinto Marescalco, che poco fuori dell’abitato accanto alla chiesa di S.
Maria della Pietà aveva costruito una torre con un bellissimo giardino
circondato da mura, alla sua morte avvenuta nel 1692, sono gravati di debiti e
di pesi. La chiesa dedicata a S. Pietro de Niffis, distante quattro miglia dall’abitato
che per ordine dell’arcivescovo Fausto Caffarelli (1624 -1654) era stata
abbandonata, va ben presto in rovina. La cappella omonima, fatta costruire
nella chiesa matrice di S. Mauro, dove era stata portata l’antica icone dipinta
su tela con l’immagine di S. Pietro ed alcuni ornamenti della chiesa
abbandonata, nel novembre 1660, dopo quindici anni dall’inizio dei lavori, non
era ancora finita. [...]
L’abitato
alla fine del Seicento contava un migliaio di abitanti, con una decina di
sacerdoti ed altrettanti chierici. Le casette terrane in pietra ed in creta
costituivano ancora la maggior parte delle abitazioni, anche se col tempo
alcune decine di queste avevano lasciato il posto a case palaziate, composte quasi
sempre da un alto ed un basso, ed a qualche “palazzo”. L’esigua struttura
artigianale e commerciale era costituita da “3 scarpari, 5 cuscitori, un
barbiero, e ilucchi ero napolitano, 2 ferrari, 2 mastri d’ascia, 3 fabbricatori
ed un commodo merciero”. Tra le poche botteghe erano annoverate due rinomate
spezierie, che erano meta anche di abitanti dei paesi vicini.
La matrice
era senza dubbio l’edificio più importante. Vi si entrava per tre porte, che si
aprivano nella facciata che dava sulla piazza: una grande centrale e due
piccole ai lati. La struttura dell’edificio era costituita da tre navate,
separate da archi e pilastri; mentre all’esterno c’era il campanile con tre
campane. Vi erano la fonte battesimale, il coro, la sacrestia e le cappelle di
S. Pietro de Ninfis, del protettore San Mauro, della SS. Annunziata, di S.
Andrea Apostolo, della SS. Annunziata, del SS. Rosario e del SS.mo. Quest’ultima
era situata in capo alla navata maggiore centrale, dove c’era l’altare
maggiore. La matrice comunicava tramite una piccola porta interna con l’oratorio
del SS.mo Rosario, che era attaccato alla matrice. L’altra chiesa dedicata a S.
Caterina aveva accanto l’oratorio dell’Immacolata Concezione. Fuori dell’abitato
c’erano alcune chiese: quella del SS. Salvatore, che era stata rifatta, quella
di S. Maria della Pietà, la nuova chiesa detta delle Cinque Piaghe, che era in
costruzione, la chiesa della Madonna del Soccorso e la chiesa della SS.
Annunziata di Caravà.
Cfr., Andrea Pesavento, Il castello di San Mauro (Marchesato), La Provincia KR n. 32,
33, 34, 35 (2002).
..................................................................................................................................
NOTA
Si parla sempre di un castello a San
Mauro Marchesato, ma secondo gli studiosi qualcuno ha fatto un po’ di
confusione. In poche parole, alcuni hanno volontariamente o
involontariamente mischiato i documenti di un San Mauro più importante, che si
trovava nei pressi di Corigliano e aveva il castello (foto sotto) scomparso
alla fine del Cinquecento, con il nostro San Mauro Marchesato.
Resti del castello di San Mauro nei pressi di Corigliano Calabro in una cartolina Edizione Ditta G. Gradilone e Figlio. Corigliano Calabro Stazione |
giovedì 12 settembre 2013
Corsi di Musica a Scandale
Locandina pubblicata dal sito Musica x Sempre |
Sono aperte le iscrizioni per i Corsi
di Musica x Sempre che avranno inizio giorno 12 ottobre presso la sede
dell'associazione sita in via Circonvallazione Bellavista a Scandale (Crotone)
CORSI:
CANTO
PROPEDEUTICA PER BAMBINI
CHITARRA CLASSICA E MODERNA
PIANOFORTE
BATTERIA
TROMBONE
LABORATORIO MUSICALE
Le iscrizioni potranno effettuarsi
presso la sede dell'Associazione "Musica x Sempre" nei seguenti
giorni:
LUNEDI 9, 16 e 30 settembre dalle ore 16:30 alle 19:30
DOMENICA 15 settembre e 1 ottobre dalle
ore 16:30 alle 19:30
Quando uno Scandalese vince "Il Trampolino"
mercoledì 11 settembre 2013
Botte da orbi a Scandale
Carabinieri di Scandale in una foto pubblicata da Lametino.it |
Scandale - I Carabinieri hanno eseguito
un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un operaio
67enne di Scandale, accusato del reato di maltrattamenti in famiglia nei
confronti delle figlie. L’ordinanza è stata emessa dal GIP del Tribunale di
Crotone, su richiesta del Procuratore della Repubblica, Dott. Raffaele Mazzotta
e del Sostituto Procuratore, Dott.ssa Luisiana Di Vittorio. L’uomo è stato
denunciato dalle due figlie minorenni grazie all’intervento di un’assistente
sociale. Il 67enne avrebbe procurato alle figlie lesioni personali con svariati
oggetti, costringendole a vivere in un clima di paura e insicurezza.
In particolare il padre avrebbe
lanciato contro la figlia 13enne un bastone perché avrebbe preso soldi dal
proprio portafogli. In un’altra occasione la bambina sarebbe stata colpita alla
testa con una paletta di ferro, procurandole un taglio profondo sulla testa.
Anche l’altra figlia 15enne ha subito le stesse violenze. Ad esempio, lo scorso
inverno, il padre l’avrebbe picchiata con una cinta ferendola ad un occhio.
L’arrestato è stato condotto presso il carcere di Crotone a disposizione
dell’Autorità Giudiziaria.
Dal sito lametino .it
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Scandale - Picchia le figlie con
cinghia e bastone
Un operaio di Scandale è stato
arrestato dai carabinieri per maltrattamenti. Le
ragazze, minorenni, hanno denunciato il padre
Picchia le figlie con cinghia e bastone
SCANDALE I carabinieri di Scandale, nel
Crotonese, in esecuzione di un'ordinanza del gip di Crotone, hanno arrestato un
operaio di 67 anni per maltrattamenti alle figlie minorenni. Le ragazze
avrebbero subìto violenze, fino a quando, sostenute da un'assistente sociale,
hanno denunciato il padre. L'uomo una volta ha scagliato un bastone contro la
figlia tredicenne facendola cadere e un'altra volta l'ha colpita con una
paletta di ferro. La figlia quindicenne è stata picchiata con una cinghia.
Articolo del Corriere della Calabria
del 10 settembre
........................................................................
Botte e lesioni alle figlie, arrestato
dai carabinieri operaio di Scandale
Nei confronti dell'uomo, un operaio di
67 anni, è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa
dal gip di Crotone su richiesta della Procura della repubblica. A denunciarlo
sono state le figlie che hanno 13 e 15 anni.
I Carabinieri della Stazione di
Scandale hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa
dal Gip del Tribunale di Crotone Raffaele Lucente, su richiesta del Procuratore
della Repubblica Raffaele Mazzotta e del sostituto procuratore Luisiana Di
Vittorio, nei confronti di un operaio 67enne di Scandale, resosi responsabile del
reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti delle figlie conviventi. Il
provvedimento ha recepito appieno le risultanze investigative fornite dai
Carabinieri in ordine a ripetute e costanti violenze perpetrate dal 67enne e
finalmente denunciate dalle due figlie minorenni, sostenute dall’intervento di un’assistente
sociale.
In particolare, in diverse occasioni,
accertate a partire dall’inverno precedente, il 67enne, in presumibile stato di
alterazione e con atteggiamento vessatorio e prevaricatorio, avrebbe procurato
lesioni personali attraverso l’utilizzo dei più svariati oggetti, nei confronti
delle figlie costringendole a vivere in un clima di paura ed insicurezza. In
una circostanza il padre, il 29 agosto di quest’anno, avrebbe lanciato contro la
figlia 13enne un bastone poiché rea di aver perso dal proprio portafogli circa
70 euro e quest’ultima per scansarlo sarebbe caduta rovinosamente per le scale,
procurandosi delle ferite al ginocchio destro ed al gomito sinistro, curate
grazie all’intervento di alcuni vicini di casa che la avevano notata zoppicare
con le ginocchia insanguinate e, successivamente, la avevano accompagnata
presso la guardia medica del posto per le cure del caso. In un altra occasione
sempre la stessa bambina sarebbe stata colpita al la testa con una paletta in
ferro, solitamente utilizzata per la raccolta della spazzatura, che le avrebbe
procurato un taglio profondo sulla testa.
Anche l’altra figlia 15enne sarebbe
stata soggetta alle medesime violenze come quando l’inverno appena trascorso,
durante una normale discussione, il padre la avrebbe picchiata con una cinta,
che la avrebbe colpita ad un occhio, fattosi nero, e per il quale sarebbe stata
curata da un’amica che le avrebbe fornito della crema medica. L’arrestato è
stato tradotto presso il carcere di Crotone a disposizione dell’autorità
giudiziaria.
Articolo de “il Crotonese” del 10 settembre 2013
A proposito dello svuotamento dei Laghi della Sila
Lago Ampollino in una foto di Rosa Maria Panebianco |
Svuotamento dei Laghi della Sila:
modalità, problematiche e conseguenze
Svuotamento dei Laghi Silani: c’è
intesa fra le istituzioni ed ambientalisti nella necessità di fare squadra e
tutelare il territorio e le sue potenzialità naturalistiche.
E’ questa la sintesi del convegno su
tema “Svuotamento dei Laghi della Sila: modalità, problematiche e conseguenze”
indetto a Cotronei dal sindaco Nicola Belcastro. A detta del primo Cittadino
sono poche le cose chiare all’interno della progettazione della A2A,
particolarmente per quando riguarda la fluidificazione dei fanghi dai fondali
dei laghi Arvo ed Ampollino che potrebbero inquinare i letti dei fiumi
colleganti gli stessi invasi al mare.
Nella cittadina che deve buona parte
della propria storia e della propria economia degli ultimi lustri proprio
all’idroelettrico, all’Ampollino ed ai boschi circostanti lo stesso lago
artificiale; nessuno vuole innalzare mura ed intralciare i progetti della A2A,
ma la stessa società deve confrontarsi maggiormente con la popolazione e bene
avrebbe fatto a partecipare allo stesso confronto cui, intorno al primo
cittadino cotronellaro si sono sommate le rappresentanze delle Amministrazioni
di Petilia Policastro, Pedace ed Aprigliano, il vice presidente della provincia
di Crotone Durante, il presidente della provincia di Cosenza Oliverio,
l’assessore regionale all’ambiente Pugliano che, pur parlando a titolo
personale non avendo ancora ricevuto tutta la documentazione necessaria all’autorizzazione,
ha comunque espresso alcune perplessità.
Altre perplessità quelle messe sul
tavolo del confronto anche da Antonio Nicoletti, rappresentante della
“Legambiente” regionale che ha evidenziato nella programmazione degli
interventi calabresi della A2A un pressapochismo ed un dilettantismo che la
società non mette in campo quando lavora in altri territori nazionali. Altro
contributo alla discussione quello di Pietro Segreti, già sindaco di Cotronei e
per lunghi anni lavoratore dell’Enel in un periodo in cui gli “Elettrici”
avevano un peso specifico a Cotronei, nel circondario e nella Sila tutta. Lo
svuotamento dei laghi, a sua detta, da problema potrebbe diventare un momento
di crescita per la stessa Sila poiché ai necessari controlli non più rinviabili
si potrebbero aggiungere degli interventi strutturali da troppo tempo promessi
dalle Istituzioni ma non ancora realizzati. “L’importante – ha aggiunto – è che
ciascuno faccia bene il proprio compito e che si riprenda a parlare della Sila
come non si fa più da troppo tempo”.
Articolo di Francesco Rizza su Area Locale dell’8.09.2013
martedì 10 settembre 2013
Quando a Scandale inizia la raccolta differenziata
lunedì 9 settembre 2013
domenica 8 settembre 2013
Vito Attolini - Quel “Brigante” di Castellani
Sopra, la protagonista del film, Serena Vergano, che era
anche una brava pittrice. La vediamo a casa sua con i suoi quadri in una foto
dell’Istituto Luce.
|
Dal romanzo al set: cinema italiano
dalle origini ad oggi
Un tentativo di netta ripresa fu quello
attuato da Renato Castellani con Il
brigante (1961), derivato dall’omonimo romanzo di Giuseppe Berto, con
ambienti e figure che sul versante della commedia erano stati i “luoghi” più
visitati del suo cinema, nonché con l’adozione di elementi stilistici e di
contenuto caratteristici: “tipi” al posto di attori professionisti, precisa
definizione geografica delle vicende, intreccio fra pubblico e privato. Al
centro è la storia esemplare di Michele Rende, bandito suo malgrado, secondo le
più classiche tradizioni, in lotta con una società che si rivela un mostruoso
groviglio di pregiudizi e viltà. Accusato ingiustamente di un delitto non
commesso, il suo destino è segnato dal codice di un malinteso senso dell’onore
– fino ad una conclusione drammatica, dopo una riuscita evasione dal carcere e
la partecipazione ai moti contadini della Calabria del dopoguerra per la
rivendicazione delle terre incolte.
Il vasto affresco tracciato da
Castellani, sulla scorta del romanzo di Berto, proietta la parabola individuale
del protagonista sui fermenti della nuova realtà emersa nel dopoguerra, sicché
la sua leadership della rivolta
contadina si configura come naturale prosecuzione di una battaglia fin allora
privata. Il brigante introduce nella tradizione del neorealismo
(tendenzialmente indifferente alle ampie e complesse costruzioni narrative) una
struttura ben più articolata, che sottolinea convincentemente il rapporto
dialettico che si istituisce fra il personaggio e le tensioni di un periodo
attraversato da laceranti contraddizioni.
Se il controllo della materia è
innegabile, e se ancora una volta Castellani afferma la sua predilezione per
una realtà giovanile contemplata nella sua vitalità incorrotta e innocente, è
innegabile pure certo manierismo di alta classe che interviene a spegnere,
talvolta, nella compostezza dello stile, il fondo aspro e prepotentemente mosso
della materia: ma non al punto che non ne rilevi il desolato quadro di miseria
e di dolore che conferisce a molte pagine del Brigante un inconfondibile sapore etico.
Vito Attolini, Dal romanzo al set: cinema italiano dalle origini ad oggi, Edizioni
Dedalo, Bari, 1988, pag. 218.
L’occupazione delle terre in una scena
del film Il brigante. Foto di
proprietà dell’Archivio fotografico del giornale l’Unità di Roma.
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venerdì 6 settembre 2013
Lucio Battisti - Emozioni
LUCIO BATTISTI |
Lucio Battisti
Poggio Bustone (Rieti) 5 marzo 19 43 –
Milano, 9
settembre 1998
Compositore, cantautore e produttore
discografico italiano.
Emozioni
Seguir con gli occhi
un airone sopra il fiume e poi
ritrovarsi a volare
e sdraiarsi felice
sopra l'erba ad ascoltare
un sottile dispiacere
E di notte passare con lo sguardo
la collina per scoprire
dove il sole non fa rumore
e guidare come un pazzo a fari spenti
nella notte per vedere
se poi è tanto difficile morire
E stringere le mani per fermare
qualcosa che
è dentro me
ma nella mente tua non c'è
Capire tu non puoi
tu chiamale se vuoi
emozioni
Uscir nella brughiera di mattina
dove non si vede a un passo
per ritrovar se stesso
Parlar del più e del meno
con un pescatore per ore ed ore
per non sentire che
dentro qualche cosa muore
nascere un giorno una rosa rossa
E prendere a pugni un uomo
solo perché è stato un po' scortese
sapendo che quel che brucia non son le
offese
E chiudere gli occhi per fermare
qualcosa che
è dentro me
Ma nella mente tua non c'è
Capire tu non puoi
tu chiamale se vuoi
emozioni
tu chiamale se vuoi
emozioni.
giovedì 5 settembre 2013
Ezio Scaramuzzino - Le voci del silenzio
GIOVANNINA BELVEDERE
Ero “la maestra Belvedere”, per tutti.
La vita era per me una missione ed io non mi sono sottratta a quanto il destino
aveva stabilito. Per anni, ogni giorno sono uscita di casa per ritrovare i miei
bambini, che erano anche i tanti miei figli. Si viveva di poco allora. Nelle
aule fredde e nude, d’inverno appena riscaldate dalla carbonella accesa, su
lavagne scrostate, su cattedre e banchi sconnessi, ho insegnato loro a leggere
e a scrivere, a far di conto, ho insegnato come è fatto il mondo e quel che gli
uomini hanno operato nel corso del tempo. Ma soprattutto ho insegnato loro
l’amore per la vita. Ora che vivo lungo i pascoli del cielo, non ho più nulla
da insegnare. Insieme ai tanti che mi hanno raggiunta, vivo nella luce e non
avverto nemmeno il bisogno di apprendere. Ora so ed intuisco nel balenio della
mente che cosa è l’Alfa e l’Omega, l’Essere, il Tutto, l’Infinito. Prego.
MARIA SCARAMUZZINO
Con le mie gambe malferme, lentamente,
mi muovevo per arrivare a casa tua. Attraversavo quasi tutto il paese e ogni
tanto mi soffermavo per cercare di riconoscere i pochi che mi sfioravano,
squadrandoli o girandomi indietro per inseguirli con lo sguardo nel loro
cammino. Ma in ogni tempo, col freddo dell’inverno o nella calura dell’estate,
custodivo bene stretta una lettera che veniva da lontano. Se non c’eri, ti aspettavo con trepidazione e, quando
arrivavi, tu aprivi subito la lettera
che io riponevo nelle tue mani. Stavi attento a non lacerarla troppo, perché
quella lettera probabilmente conteneva dei dollari, che avevano superato i mari
e i monti, ma soprattutto avevano superato la bramosia e la mancanza di
scrupoli degli impiegati di due continenti. Erano i miei figli a mandarmi quei
soldi, quelli, tra i miei figli, che un giorno erano partiti per terre lontane.
Io parlavo con loro attraverso di te e tu, giovane studente, mi seguivi con lo
sguardo e badavi a non sciupare l’incanto di quel dialogo che superava le
barriere dello spazio e del tempo. Ogni tanto mi commuovevo. Poi tua madre
veniva immancabilmente a portare della frutta, magari un cesto di pere o un
vassoio pieno di fichi d’india già sbucciati, ed io ero contenta di quel dono.
Dimenticavo per un attimo le gioie e i dolori della vita.
Ho conosciuto giorni lieti e tristi, ma
ho accettato la vita, godendo e assaporando la linfa del giorno. Non ho gioito
oltre misura e non ho imprecato o gridato, perché sapevo che la vita è un dono
e che, in ogni caso, essa è degna di
essere vissuta. Nella luce che mi circonda, ora la mia famiglia è diventata
tanto più grande e nessuno abbandona più il luogo che gli è stato assegnato.
Noi siamo qui per l’eternità.
VIOLETTA BERSI
Sin da bambina mi è piaciuto sognare e,
per alimentare i miei sogni, ho letto Grand Hotel, Le grandi firme, Bolero. Su
quelle pagine ho immaginato avventure meravigliose ed ho dato alimento alle mie
fantasie. Poi quei sogni ho cercato di viverli nella realtà.
Io so bene quel che dicevano gli
Scandalesi, quando mi vedevano passare con il mio Alfredo. Lo capivo da quello
che farfugliavano sottovoce e che si scambiavano l’un l’altro. Dicevano che ero
una poco di buono e talvolta anche di peggio: che non ci stavo con la testa e
per questo bisognava essere indulgenti con me. Anche i bambini mi additavano ed
io non potei sfuggire al mio destino: ero segnata ormai.
È vero: ho amato molto ed ho conosciuto
degli uomini. Ma in realtà io ho amato l’amore e la vita e nell’ amore terreno
ho solo cercato una scintilla di quello celeste. Ora che sono qui, posso anche
dirlo. Qui nessuno mi accusa ed anzi ciò che mi è stato dato è la ricompensa
per ciò che io ho dato.
Ditelo al mio Alfredo, che trascina
stancamente gli ultimi anni della sua vita. Il mio amore coniugale non è venuto
mai meno e, quando Demetrio mi ha
sottratta con la violenza alla luce effimera del giorno, il mio ultimo
pensiero è stato per lui. Continuo a serbarlo nella memoria e, nella luce
imperitura che adesso mi avvolge, prego.