Il Cardinale Fabrizio Ruffo |
Il Cardinale Fabrizio Ruffo e
l’esercito della Santa Fede
Proveniente
da una nobilissima famiglia calabra dei duchi di Baranello e Bagnara, Fabrizio
Dionigi Ruffo nacque nel castello di San Lucido in provincia di Cosenza nel
1744. Diplomatico e uomo politico, era discendente dalla famiglia principesca
dei Ruffo di Calabria, mentre la madre era una Colonna. Trasferitosi a Roma,
intraprese la carriera ecclesiastica, aiutato dallo zio, il cardinale Tommaso
Ruffo, allora Decano del Sacro Collegio. Fu elevato nel febbraio del 1785, al
rango di Tesoriere Generale dello Stato Pontificio e fu creato cardinale da
Papa Pio VI. Recatosi a Napoli si spostò in Sicilia nel 1798 dopo l’arrivo dei
Francesi. Il Cardinale cominciò a meditare la sua impresa già a Palermo, dove
si era recato presso Ferdinando IV che con la sua corte era momentaneamente in
esilio forzato.
Ottenuto il
titolo di Vicario Reale, sbarcò nei pressi di Pizzo l’8 febbraio 17 99 con pochi
uomini, il Ruffo ne ottenne un centinaio dai feudi della sua famiglia. Il
cardinale si incamminò verso Mileto, ove il vescovo Capece Minutolo gli fece
trovare una grande moltitudine di armati che lui ordinò militarmente fondando
l’Armata Cristiana e Reale. Con
quelli che lo seguivano il vicario si trovò a capo di ben diecimila uomini.
Egli divise l’armata in tre colonne: una affidata a Giuseppe Mazza,
assegnandogli per obiettivo la città di Nicastro; la seconda fu affidata a
Francesco Giglio, diretta su Catanzaro, e la terza la tenne per sé. Occupata
Maida, feudo della sua famiglia, raggiunse Catanzaro.
Mentre il
cardinale provvedeva a riordinare l’amministrazione della provincia la colonna
comandata dal Mazza occupava Nicastro, Amantea, Cosenza e si spingeva fino a
Rossano. Era necessario, però, occupare Crotone ove si erano rinchiusi i più
ostinati repubblicani. Facevano parte del presidio anche alcune decine di
francesi reduci dall’Egitto, che una nave aveva sbarcato sulle coste calabresi.
Il
cardinale il 21 marzo spinse contro la fortezza alcune compagnie di soldati,
sostenute da una forte banda di irregolari. L’eco del furioso saccheggio di
Catanzaro era già salita sulle montagne, così il famosissimo bandito Panzanera
scese con le sue bande di briganti fino a Crotone. Il vicario spedì ai
repubblicani alcuni parlamentari ad offrire perdono a coloro che lo avessero
richiesto e libertà di tornare a Napoli per francesi e patrioti. I tre
parlamentari, però, furono arrestati e condannati a morte come ribelli. Così,
Crotone fu accerchiata da duemila soldati regolari del colonnello Perez de Vera
con le compagnie di Giuseppe Spadea e Giovanni Celia da Gasperina, cui si
unirono poi un gruppo di 80 uomini comandati da Don Nicola Romano e Don
Giuseppe Drammis di Scandale, che sin dal febbraio avevano iniziato i
preparativi in tutto il Marchesato. E la mattina del 22, venerdì santo,
assaltarono la città. Crotone fu messa a ferro e fuoco senza che il Cardinale
potesse frenare la furia delle bande. Dopo essersi impadronito di Crotone si
avviò vittorioso a Napoli dove arrivò nel giugno 1799, restaurando la monarchia
borbonica nel Regno. Ritiratosi dalla politica, morì a Napoli nel 1827.