lunedì 30 aprile 2012
domenica 29 aprile 2012
Scandale 1955 – Le avventure di Pietro Cipriotti nei documenti dell’Archivio Rossi - Doria
Nella foto a destra, conservata da Luigi
Aprigliano, si vede il figlio di Pietro Cipriotti, Michele, insieme a Maria e
Mico Aprigliano.
CIPRIOTTI PIETRO fu Michele
Via Garibaldi, 22
IIª Zona – Famiglia matura. N° 131
Storia
di lui
“Pietro è
nato a Cariati, in provincia di Cosenza, sul mare. Suo padre, Michele lavorava
in una fornace di mattoni. Pietro da ragazzo, oltre a far mattoni, apprese
l’arte del vasaio, che esercitò a Cariati per qualche anno. La terra, fino a
vent’anni, non era per lui superficie da coltivare, ma argilla da impastare.
A ventitre
anni nel 1936, morto il padre, separatisi i fratelli, in piena crisi
d’occupazione (non si vendevano più vasi a Cariati), Pietro partì alla ricerca
di lavoro e si fermò a Scandale dal Barone Zurlo, a Faraone e fece la mietitura
di quell’anno.
Salito in
paese, vide che dietro l’abitato l’argilla era buona: si accordò con un
contadino che coltivava la terra del Barone Camicia e aveva una casupola,
costruì una fornacella e tornò all’arte ma, fabbricando e vendendo terraglie e
mattoni. Il guadagno era discreto. Si sposò nel 1937 con Antonietta Drammis,
che aveva allora 17 anni, era figlia di contadini di discreta posizione (5 – 6
tomoli a Bosco Ferrato, terre in terrageria ecc.). Ebbe il primo figlio nel
1939.
Nel 1939 fu
chiamato soldato, andò in Libia, stette pochi mesi, ritornò, ma, da poco
ritornato, fu nuovamente richiamato, rispedito in Africa e nel gennaio 1941,
alla prima caduta di Tobruq, preso
prigioniero.
Cominciò
così la seconda parte della sua storia, durata fino all’aprile 1946, quando
finalmente ritornò a casa. La moglie e l’unico figlio vissero del sussidio
militare nella casa in affitto dove tuttora vivono. Pietro cominciò, dopo la
cattura, la sua peregrinazione di campo in campo: durissima la prigionia in
Egitto; più tenne quella in Sud Africa, nel Transvaal , ai confini con l’Angola
portoghese, sebbene poco piacesse a Pietro e agli altri la polenta di granturco
e le frittelle di polenta fritte nell’olio di cotone, con le quali soltanto
potevano integrare il magro rancio.
Nel campo del
Transvaal ognuno ritornò, tuttavia, al suo lavoro e Pietro all’argilla e
all’arte del vasaio con una rudimentale ruota costruita alla meglio. Il
successo della “Sezione Artistica” fu notevole e coi guadagni, un terzo del
quale andava a ogni singolo artigiano e due terzi al fondo comune del campo,
tutti i prigionieri ebbero due volte alla settimana la pasta asciutta,
comprandola da una ditta italiana da molti anni insediata nel Transvaal.
Nel 1943,
non ho ben compreso, ai prigionieri fu posto l’obbligo di lavorare fuori dei
campi e Pietro, la cui arte era piaciuta, ebbe in sorte d’insediarsi in un
sobborgo di Città del Capo e di lavorare in una fabrichetta di terraglie che
due inglesi avevano messo sotto la sua guida e con il lavoro suo e di alcuni
operai alle sue dipendenze. La guerra finì ma in Sud Africa il lavoro dei
prigionieri era così apprezzato che il tentativo fu fatto di trattenerli il più
a lungo possibile. Solo nel 1946 questo tentativo fu spezzato e Pietro tornò
tra i primi. La sua nave, tuttavia, era
troppo grossa, tanto da non passare per il Canale di Suez. Pietro coi compagni
scaricato a Suez, internato per tre mesi in un campo in Egitto, mentre i
paesani, partiti dopo di lui, arrivando a casa si meravigliarono di non
trovarlo e i suoi cominciarono a piangerlo morto.
Come Dio
volle, il 13 aprile
19 46 Pietro sbarcò con altri a Napoli, attese 5 – 6 giorni in una
campo di Afragola, liberò anche il bagaglio che aveva portato (i “gioielli”,
gli furono sequestrati, ma roba ne aveva, tra l’altro 7 paia di scarpe) e tornò
al paese quasi senza soldi perché per tutta indennità lo chiamarono a Catanzaro
a riscuotere un residuo di 15 lire e per sei mesi continuarono a
corrispondergli il soldo militare di 5 lire al giorno (dice lui) “quando ormai
non ci si chinava più a raccogliere in terra cento lire”.
A questo
punto per la prima volta fu posto di fronte alla necessità di trovarne uno, in
campagna, diverso dal suo. Denari e opportunità di tornare all’arte sua non ne
aveva; la vecchia casupola e la piccola fornace erano distrutte. Comincia così
contro voglia a lavorare da bracciante agricolo e a coltivare qualche briciolo
di terra. Intanto anno per anno il numero dei figli aumentava, al momento della
riforma ne aveva già quattro ed ora ne ha sette.
Se non fosse
per Michele, il ragazzo solo, che già era grandicello quando cominciarono a
nascere gli altri, tutto il peso di una così numerosa famiglia sarebbe sulle
sue spalle e su quella della sua precaria impresa”. [...]
Piccola parte del fascicolo dedicato a Cipriotti
Pietro fu Michele - Roma, Biblioteca “Giustino Fortunato”, Archivio
Rossi-Doria, Scandale, vol. III, fasc. 14. L’originale è di 11 pagine
dattiloscritte.
venerdì 27 aprile 2012
Calabresi famosi – Guglielmo Pepe, l’ufficiale che partecipò nel 1806 alla “punizione” di Scandale
GUGLIELMO PEPE
Squillace 1783 – Torino 1855
Patriota e figura importante del Risorgimento
italiano, un protagonista della vita politica e militare del Sud nella prima
metà dell’Ottocento. Entrato giovanissimo nell’esercito insieme al fratello Florestano
(Squillace, 1778 – Napoli, 1851) fu tra i soldati volontari che difesero la Repubblica Partenopea.
Esiliato in Francia, ritornò in Italia con Napoleone. Combatté a Marengo nel
1800, contro gli austriaci nel 1849, ecc. ecc.
Purtroppo,
gli scandalesi vissuti nella prima metà dell’Ottocento, hanno di Pepe un brutto
ricordo. Infatti, come lui stesso scrive nelle sue memorie, il 26 luglio del
1806 alla testa di un reparto di cavalleria fu “costretto” (dice lui) dal suo
comandante ad assaltare Scandale, paese allora di un migliaio di abitanti, la
maggior parte donne vecchi e bambini. Cosa era successo?
Il generale
Reynier, comandante della spedizione francese in Calabria, aveva mandato un
messaggero con una lettera al sindaco Don Domenico Nicoscia, ordinando di
allestire viveri per le truppe. I caporioni di Scandale si impossessarono della
lettera e, senza dire niente al sindaco, risposero: “se venite a Scandale
avrete palle e non viveri”, in poche parole, vi prendiamo a fucilate.
Arrivata la
risposta, Reynier ordinò all’aiutante di Campo, generale Berthier, di punire
Scandale e di fucilare il sindaco.
Così, una
colonna di duemila soldati francesi, provenienti da Cutro, arrivarono a
Scandale dalla parte della chiesa della Difesa. Entrò per primo un reparto di soldati
a cavallo con le guide, che rimasero meravigliati per il silenzio che c’era e
pensarono che il paese fosse stato abbandonato.
Ma i caporioni
del paese come don Nicola Romano, don Ercole Vitale, mastro Nicola Corrado e i baroni
Drammis, che sette anni prima (1799) avevano partecipato all’assedio di Crotone
al fianco delle truppe del cardinale Fabrizio Ruffo, allestirono con un
centinaio di uomini una vera e propria imboscata nelle viuzze intorno alla
chiesa dell’Addolorata. Al segnale, si cominciò a sparare dalle finestre e
molti soldati francesi morirono in quel frangente. Ancor più arrabbiati per
l’imboscata, i francesi circondarono il paese mettendolo a ferro e fuoco. Nello
scontro 25 scandalesi caddero.
Il povero
sindaco, non sapendo niente della sua falsa firma sulla risposta al Generale,
andò incontro ai soldati per chiedere spiegazioni, ma fu fucilato all’istante.
I francesi
passarono la notte in paese ubriacandosi con il vino trovato nelle case.
Infatti, gli scandalesi nascosti nei boschi vicini ne approfittarono: ritornarono
nella notte e ne uccisero parecchi a coltellate. La mattina dopo le truppe al
comando del generale Cesare Berthier (fratello del generale Alessandro Berthier
che occupò Roma nel 1798 su ordine del Direttorio) si diressero verso Crotone
lasciando, come dicono i documenti, il paese distrutto e in lacrime.
giovedì 26 aprile 2012
mercoledì 25 aprile 2012
martedì 24 aprile 2012
lunedì 23 aprile 2012
domenica 22 aprile 2012
Il panieraio - Poesia di Franco Citriniti
In questa foto, scattata a
Scandale nel 1955, si vede uno della famiglia Gallasso che fabbricava sporte e
panieri. Si trova nel libro di Manlio
Rossi-Doria, Un paese di Calabria,
l’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2007.
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Franco Citriniti è nato a Scandale nel
1943. Dopo il diploma al Liceo Classico (1962) ha frequentato la Pontificia Università
Urbaniana di Roma. Successivamente si è trasferito nella provincia di Milano dove ha lavorato per trentacinque
anni in un’azienda multinazionale. Ora vive in pensione.
Ha scritto: “Vorrei un mondo di
speranze, soprattutto per i giovani, e di amore, non quello predicato ma
praticato”. Di seguito una delle sue poesie.
IL PANIERAIO
Va il panieraio
sotto i vecchi ulivi
e altri grandi alberi,
con occhio attento
scruta ed osserva i teneri virgulti,
li sfiora e li piega con mano delicata
e, quei che sceglie,
recide dolcemente col coltello.
Poi va nei fossi,
là dove folti crescono i canneti,
e, con perizia e cura,
taglia le canne tenere,
le monda, le misura e taglia a strisce.
Insieme coi virgulti li depone
dentro grandi tini d'acqua traboccanti.
S'addolciranno e saranno docili
al tocco della mano.
Seduto all'ombra d'una folta pianta,
incide in mezzo pezzi di virgulti
ed altri pone tra quelle fessure
ed una croce forma a più strisce;
altri virgulti, nell'acqua inteneriti,
con quelli intreccia in tondo,
e del paniere viene fuor la base
dove conficca
altri virgulti lunghi, che piega verso l'alto,
e ad essi intreccia
le strisce delle canne.
Già prende forma sotto le sue mani,
che vanno con perizia
e movimenti svelti,
il corpo del paniere;
e pone alla sua cima
intreccio di virgulti,
come corona ornante.
In esso poi conficca un altro intreccio,
che gli farà da manico.
È pronto già il paniere
da dare alla sua donna,
che colmerà con grazia
d'uva matura oppure d'altri frutti,
mentre le sue mani
intrecceranno ancor canne ed i virgulti
per ricavar panieri, sporte e cesti.
venerdì 20 aprile 2012
Paesi di Calabria - Luzzi
PANORAMA DI LUZZI |
LUZZI
Comune di poco
più di 10mila abitanti, nella valle del Crati in provincia di Cosenza. Secondo
alcuni sarebbe l’antica Tebe Lucana,
ma sicuramente c’è stato un insediamento in età romana come dimostrano le tombe
con corredi: tra cui strumenti chirurgici, ora al museo di Sibari.
Interessanti
i resti dell'Abbazia della Sambucina, celebre monastero fondata intorno al 1140
con il titolo di Santa Maria Requisita e passata successivamente ai Cistercensi
di Casamari che cambiarono il titolo in Santa Maria della Sambucina. Ospitò
Gioacchino da Fiore. L’abbazia fu chiusa nel 1780 e nel 1803 i resti furono
incamerati dallo Stato.
giovedì 19 aprile 2012
mercoledì 18 aprile 2012
martedì 17 aprile 2012
lunedì 16 aprile 2012
domenica 15 aprile 2012
Don Renato in un ricordo di Elena Pavone
Le straordinarie qualità di un uomo...
Nell'archivio
dei miei ricordi, negli anni che comprendono i miei 14 e 19 anni, c’è una
raccolta infinita di memorabili e indimenticabili incontri quotidiani avuti con
un uomo, un grande comunicatore, senza orpelli, secco e preciso, un uomo che
ammiravo a dismisura. Quel che c'è da dire va detto, con ogni mezzo, con i
libri, sui giornali o anche semplicemente parlando di lui. Don Renato Cosentini
era un comunicatore perfetto, capace di coinvolgere chiunque. Lo era stato con
il popolo di Scandale nei suoi primi anni di sacerdozio e con i suoi bambini, quelli
della Casa della Carità, da lui stesso fondata. Colpiva la sua comunicabilità
innata, la carica umana che sapeva trasmettere. Gentile, aperto, disposto a
capire tutto, paterno senza essere paternalista; ma fermo, esigente, anche
insistente, sicuro nei principi cristiani e sicuro che non serva imporli quanto
proporli: questo tipo di direttore spirituale era don Renato Cosentini. Uno che
non agguantava la "preda", che non la trattava altezzosamente, ma che
al contrario si avvicinava con delicatezza, non si stancava mai di spiegare e
incoraggiare; uno che confortava, che esaltava i successi e relativizzava le
sconfitte di quelli che si rivolgevano a lui. Don Renato sapeva essere
scrittore avvincente, con uno stile graffiante, genuino e scorrevole, efficace
e coinvolgente, maestro di vita crudo e dolce insieme. Uomo di grande cultura, l’ho
adulato per questo!! E comunicatore straordinario lo era nell'organizzare
iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica di Scandale, per quanto il
più delle volte non sia stato capito. Si servì della sua autorevole parola,
oltre che dei giornali, per tutte le manifestazioni scaturite dalla sua mente
fantasiosa e vulcanica. Credo che in Calabria fossero in pochi a non conoscere
Don Renato. Don Renato fu perfino uno "scandaloso" comunicatore,
quando sul letto di morte decise di desiderare che la “sua Casa” continuasse a
vivere, nonostante la gente lo vedesse finito e incapace di poter ancora
decidere. Volle essere così per donare se stesso ai propri ragazzi, fin oltre
la morte, e perché così nessuno avrebbe potuto negare che Don Renato avesse
sconfitto quella morte che tanto temeva, negli occhi di tutti quei bambini che
ha aiutato. Troppi ragazzi, troppe persone bisognose hanno avuto grazie a lui
la possibilità di vivere e costruirsi un futuro, va ringraziato anche solo per
questo, per la speranza che ha elargito. Questo era don Renato Cosentini.
Ricordo
commossa che, alla fine dei nostri dialoghi, mi ripeteva sempre: “Prega per me
quando morirò”…Beh Don Renato, se è vero che le anime possono sentire ciò che i
vivi vanno predicando e dicendo, allora è anche vero che udirai di tanto in
tanto un sibilo, un vento leggero che ti porta il mio pensiero…Don Renato io
non ti dimenticherò mai…
Articolo di Elena Pavone pubblicato nel
2011 nella pagina Facebook “Villa Condoleo nel Cuore” e successivamente dal
sito www.fondazionecasacarita.org
venerdì 13 aprile 2012
Il pessimismo di Leopardi nel Cantico del gallo silvestre – 1824
BIBLIOTECA GIACOMO LEOPARDI A RECANATI
“Pare che l’essere delle cose abbia per
suo proprio ed unico obbiettivo il morire...la massima parte del vivere è un
appassire...Ogni parte dell’universo si affretta infaticabilmente alla morte,
con sollecitudine e celerità mirabile. Tempo verrà che esso universo, e la
natura medesima, sarà spenta”.
GIACOMO LEOPARDI
Conte Giacomo Taldegardo Francesco di
Sales Saverio Pietro Leopardi
Recanati, 1798 – Napoli, 1837
Poeta, filosofo, scrittore e filologo
italiano
giovedì 12 aprile 2012
mercoledì 11 aprile 2012
martedì 10 aprile 2012
lunedì 9 aprile 2012
domenica 8 aprile 2012
Buona Pasqua con una foto
Una delle più vecchie foto di Scandale?
Questa foto me l’ha regalata qualche
anno fa Giovannino Drammis: si trovava in un vecchio album di famiglia e risale
(secondo gli esperti) al 1902 - 1905. Per quanto riguarda, però, i personaggi, Giovannino
non mi ha potuto dare nessuna informazione utile. Secondo il mio modesto parere
è probabile che i ragazzi siano di Scandale, mentre la signorina al centro (vestita
di nero, con un libro in mano) è una maestra chiamata dai baroni Drammis per
dare lezioni private ai loro figli. Una volta arrivate, queste maestrine
insegnavano a leggere e scrivere anche a tutti i ragazzi e alle ragazze del
paese. Di solito le pagava il barone, ma per le lezioni pubbliche interveniva
anche il Comune. L’unica cosa che si può dire con certezza è che all’epoca la
famiglia Drammis conosceva benissimo la signorina al centro: infatti, i
discendenti, hanno conservato la foto per più di cento anni. Comunque, se in
futuro riuscirò ad avere più notizie, le riporterò su questo blog.
venerdì 6 aprile 2012
Francesco Grisi, scrittore.
L’uomo sulla destra con la barba bianca è lo scrittore Francesco Grisi, fotografato insieme al prof. Ettore Paratore, famoso latinista.
Il 4 aprile del 1999 moriva a Todi, all'età di 72 anni, Francesco Grisi, calabrese originario di Cutro, come ricorda lui stesso nella prefazione de "Il mantello di Faust" pubblicato all’inizio degli anni Ottanta: "Allora i miei genitori sono calabresi. I primi 15 anni della mia vita li ho trascorsi a Cutro”.
Figlio di un maresciallo dei Carabinieri, a 15 anni si trasferì con la famiglia a Todi, completando i propri studi, laureandosi in Lettere, Filosofia e Pedagogia. Fra i maggiori scrittori italiani contemporanei; "nato per sbaglio a Vittorio Veneto" il 9 maggio 19 27, Francesco Grisi proprio a Cutro visse la propria infanzia. Per molti anni ha vissuto e lavorato a Roma esercitando numerosi mestieri ed è stato anche docente al liceo ed all'università. Ha viaggiato moltissimo ed ha scritto diversi libri di narrativa e di critica letteraria: "Il mantello di Faust", "Ipotesi per l'intellettuale integrato", "Leggende e racconti popolari della Calabria", "A futura memoria" (romanzo finalista al Premio Strega 1986), "Incontri in libreria", "Avventura del personaggio", "Si tratta di una rosa", "Cronaca di una distrazione", "I sigari di Brissago", "Incontro con i contemporanei", "La protesta di Iacopone de Todi", "Il Natale, storia e leggenda".
Negli anni Settanta fondò il "Sindacato libero degli scrittori italiani" che ancora oggi rappresenta una voce autorevole nella cultura italiana.
giovedì 5 aprile 2012
Via Crucis a Scandale
mercoledì 4 aprile 2012
martedì 3 aprile 2012
lunedì 2 aprile 2012
domenica 1 aprile 2012
"Risvegli" - Nuova poesia di Domenica Bomparola
Risvegli
Un altro giorno cresce
su questa irta vallata.
Deboli aliti di vento
soffiano tra le verdi foglie degli ulivi.
Fiori di campo colmi di brillanti colori
danzano su prati intrisi di rugiada,
sembran sussurrare al mondo:
“ecco, è arrivato il momento tanto atteso, il risveglio”.
Tra sguardi curiosi di fanciulli alla ricerca di farfalle e coccinelle,
innamorati sfogliano candide margherite,
mentre in lontananza un contadino ridà vita
alla malinconica terra.
Respiro piano
chiudendo gli occhi dinnanzi a questo tiepido sole di marzo
che mi sorride.
Nel frattempo ricomincia
la favola di un nuovo mattino di primavera.